Alessandra nata grazie ad un trapianto di utero, il sogno realizzato per una coppia gelese

 
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L'equipe medica insieme alla mamma

Catania. Un percorso difficile e non privo di rischi. Alla fine, il sogno di una coppia di coniugi gelesi si è concretizzato. Si chiama Alessandra ed è la figlia che speravano di poter avere. Un parto, quello della donna trentunenne, reso possibile dal primo trapianto in Italia di utero da donatrice deceduta. E’ solo il sesto caso nel mondo. Mamma e figlia stanno bene. Alessandra è nata prematura, alla trentaquattresima settimana e pesa quasi due chili. Si trova nel reparto di neonatologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania. Mamma Albina e papà Giovanni aspettano solo di poterla abbracciare. La trentunenne, a causa di una rara patologia congenita, la sindrome di Rokitansky, a diciassette anni era stata sottoposta ad isterectomia. I coniugi sapevano di non poter avere figli. Non hanno però mai perso la speranza. “Il tentativo di fecondazione – dice Paolo Scollo direttore del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania e Unità operativa complessa clinicizzata dell’università Kore di Enna – è andato a buon fine e la signora ha condotto una gravidanza regolare fino alla trentesima settimana quando ha contratto il Covid ed è stata pertanto ricoverata nella sezione della ginecologia del Cannizzaro dedicata alle pazienti positive. L’infezione è stata per un certo tempo asintomatica ma, qualche giorno fa, un episodio di febbre alta e conseguenti contrazioni ci ha indotto a procedere con un taglio cesareo. Madre e figlia sono state quindi trasferite in terapia intensiva. La donna nel reparto adulti, la bambina nell’unità di Terapia intensiva neonatale, dove è sottoposta a terapia antibiotica, di prassi per i prematuri, e ad assistenza respiratoria non invasiva. Entrambe si trovano in condizioni stabili”. “È stato un trapianto estremamente complesso – ricostruisce Pierfrancesco Veroux professore ordinario di Chirurgia vascolare e trapianti dell’Università di Catania che ha eseguito l’intervento – che ha presentato sin dall’inizio le difficoltà tecniche che ne limitano l’uso estensivo nel mondo. In questo caso l’utero, sin dal declampaggio dei vasi, ha mostrato una grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione ottimale di ‘viverè nella paziente e di portare a termine una gravidanza quanto mai attesa. Il Centro trapianti da me diretto ha seguito in questi due anni con cadenza settimanale la futura mamma per monitorare le condizioni cliniche. L’utero trapiantato, al momento della nascita della nostra piccola Alessandra, ha confermato la piena funzionalità, facendo ben sperare per il futuro. Ero presente al momento della nascita e il primo vagito di Alessandra è stata un’emozione infinita perché portiamo avanti questo programma da quasi sette anni e sentire quel pianto è stata un’emozione che va oltre qualunque aspetto scientifico e tecnico. Perché sapere che l’utero di una donna, ormai purtroppo deceduta da due anni, sia in grado di dare ancora la vita è una cosa che va oltre il possibile e l’inimmaginabile”.

Il nome della neonata è lo stesso della donatrice deceduta. Una linea della vita che così non si spezza. Sia mamma Albina che papà Giovanni hanno voluto ringraziare la famiglia della donatrice.

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