Amianto in raffineria, assolti ventiquattro imputati: cade anche l’omicidio colposo

 
0

Gela. “Il fatto non sussiste”. Con questa formula, il giudice Miriam D’Amore ha pronunciato l’assoluzione per ventiquattro imputati. Si tratta di ex vertici di Raffineria Eni, di tecnici e di referenti di aziende dell’indotto. Erano tutti accusati di non aver adottato le necessarie misure per evitare l’esposizione all’amianto di operai, che negli anni hanno lavorato tra gli impianti della fabbrica della multinazionale. Alcuni di loro, chiamati in aula a testimoniare, hanno raccontato la loro esperienza, caratterizzata dalle patrologie contratte, soprattutto a livello respiratorio. Oltre alle lesioni, i pm della procura contestavano l’omicidio colposo, per la morte di un altro ex operaio dell’indotto, Domenico Biondo. Per tutte le contestazioni è arrivata l’assoluzione. Le difese, nel corso della lunga istruttoria dibattimentale, fatta anche di dati tecnici e dell’esame di periti e consulenti, hanno escluso qualsiasi collegamento tra gli imputati e quanto accaduto ai lavoratori. Tra gli altri aspetti, è stato messo in discussione il nesso tra l’attività in raffineria e le patologie. E’ stato spiegato che non ci sarebbero state evidenze di un nesso diretto. L’assoluzione è stata emessa per Giovanni Catalano, Salvatore Ruvio, Salvatore Ferlenda, Antonio Catanzariti, Pasqualino Grandizio, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Ferdinando Lo Vullo, Giuseppe Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Renato Morelli, Mario Saetti, Arturo Borntraeger, Giorgio Daumiller, Giuseppe Farina, Vito Milano, Salvatore Vitale, Luciano Di Buò, Salvatore Marangi, Antonio Fazio, Umberto Vanini, Giuseppe Di Stefano e Giuseppe Lisciandra. Al termine dell’istruttoria dibattimentale, il pm Pamela Cellura ha chiesto l’assoluzione proprio per l’omicidio colposo e la prescrizione, nel caso delle lesioni. L’indagine ha coperto un lungo lasso di tempo, con gli approfondimenti sull’attività svolta in raffineria, a partire dagli anni ’70.

Le difese hanno ribadito l’assenza di elementi certi per collegare gli imputati alle accuse, emerse al termine dell’indagine dei pm. La linea difensiva è stata accolta dal giudice, che ha emesso una decisione favorevole. Nel procedimento, oltre ai lavoratori oggi affetti da patologie, parte civile era anche l’associazione Ona, rappresentata dall’avvocato Davide Ancona, che durante l’istruttoria dibattimentale ha prodotto atti e documentazione, a supporto della tesi del collegamento tra l’attività svolta in fabbrica e le malattie contratte dagli operai. La decisione conclusiva ha disposto la piena assoluzione, così come richiesto da tutte le difese, sostenute, tra gli altri, dagli avvocati Giacomo Ventura, Giovanna Cassarà, Angelo Urrico, Attilio Floresta, Carlo Autru Ryolo, Gualtiero Cataldo e Pietro Granata.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here