Armi agli Emmanuello, dopo diciassette anni nuovo giudizio in Cassazione per operaio coinvolto

 
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Gela. Sono trascorsi ormai diciassette anni dai fatti che gli vengono contestati nell’inchiesta antimafia “Compendium”. Quello dell’operaio quarantaquattrenne Claudio Lo Vivo è stato un lunghissimo percorso giudiziario, che lo ha già portato davanti ai giudici della Corte di Cassazione, che avevano annullato la sentenza di condanna a quattro anni e dieci mesi di reclusione, disponendo che i magistrati di appello rivalutassero alcuni aspetti. Nel giudizio di appello-bis, però, la decisione è stata del tutto confermata, nonostante le richieste della procura generale, che hanno messo in dubbio il favoreggiamento ai clan. L’imputato è accusato di aver fornito armi ad alcuni esponenti di Cosa nostra gelese, del gruppo Emmanuello. Diverse contestazioni, come chiesto dal legale di difesa, l’avvocato Vittorio Giardino, sono cadute. L’operaio ha ottenuto una riduzione dell’entità della pena. Il prossimo novembre, la sua vicenda verrà trattata nuovamente dai giudici romani di Cassazione. La difesa ritiene che la valutazione della Corte d’appello debba essere rivista. Nei precedenti gradi di giudizio, oltre a contestare nel merito la ricostruzione degli investigatori, il legale ha anche sollevato l’eventuale prescrizione, a seguito del tempo ormai trascorso. L’imputato ha sempre negato di aver voluto sostenere il clan.

Per il difensore, non ne avrebbe mai fatto parte, come confermerebbe l’assenza di precedenti per reati di mafia. Il prossimo novembre toccherà alla Cassazione pronunciare probabilmente la parola fine in questa lunga vicenda processuale.

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