Dallo Stato-nazione alla società globale. Il mondo cambia ma nessuno sembra accorgersene

 
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Gela. Il legame esclusivo tra territorio e potere politico si è spezzato. L’era contemporanea ha visto il diffondersi di un sistema di livelli multipli di governance sia all’interno che attraverso i confini degli Stati. Nuove istituzioni hanno legato insieme Stati sovrani, trasformando così la sovranità in esercizio del potere non esclusivo di ciascuno ma condiviso da molti. Il mondo contemporaneo non è un mondo fatto di comunità chiuse, dotate di sistemi di pensiero reciprocamente impenetrabili e da economie autosufficienti, né un mondo costituito da Stati idealmente sovrani.
La globalizzazione è una dinamica di evoluzione su scala planetaria del processo di scambio capitalistico. Essa ha contribuito a profonde modifiche del tessuto sociale e, comunque, nel processo di governo del fenomeno economico sociale, ha coinciso con profonde modifiche del quadro politico-istituzionale su scala mondiale. Così abbiamo visto il diffondersi delle imprese transnazionali e dei mercati finanziari globali, ma anche la diffusione internazionale della cultura popolare e l’emergere del degrado ambientale globale. La globalizzazione va inquadrata come un insieme di processi tra loro correlati.

Questa concezione differenziata e multidimensionale riflette una interpretazione Weberiana della realtà sociale che deve essere vista come costituita da una serie di sistemi o reti di rapporti politici distinti: l’ambito economico, quello tecnologico, quello politico, culturale, naturale. Ridurre la globalizzazione ad una logica puramente economica o tecnologica, finisce con il nascondere l’implicita complessità delle forze che modellano le società moderne e l’ordine mondiale e con il fornire del fenomeno una interpretazione puramente strumentale, neanche in grado, dopotutto, di dare ragione della superiorità di uno specifico tipo di capitalismo. Come afferma Zunz (1998), a rendere diverso il capitalismo americano non è stata la superiorità tecnologica, ma la capacità della dirigenza industriale americana di mettere le innovazioni tecnologiche al servizio di una rivoluzione organizzativa che promuoveva il consumo di massa. Non una società senza classi, ma una nuova struttura sociale in cui gli Stati mantengono la loro demarcazione. Le basi di questa demarcazione rimangono indefinibili, consentendo una grande mobilità sociale; a partire da qui nasce il fenomeno del consenso pluralistico.
Il conflitto all’interno dei paesi coinvolti nel processo del nuovo ordine mondiale lascia aperto il confronto e lo scontro su scala planetaria tra inclusi ed esclusi. Braudel (1979) affermava: è questa la base della lettura del mondo, della lettura delle moderne civiltà, per ridefinire i centri e le periferie. Identità culturali ed adattamento, tecnologia e cultura, integrazione economica ed esclusione sono i segni della moderna civiltà, come diceva Toynbee (1934): la civiltà è totalità.
La crescita economica modifica alcuni dei connotati di questa “totalità” e genera instabilità politica sia sul piano interno che sui rapporti internazionali, alterando gli equilibri di potere tra paesi e regioni. L’interscambio economico e la concorrenza pongono gli uomini a contatto, ma non necessariamente li avvicinano. Tutto questo è la globalizzazione e le letture riduttive che allontanano più che avvicinare un processo di regolazione, non aiutano né la politica né l’economia.
Alessandro Morselli, docente di politica economica internazionale, Università di Roma Unitelma Sapienza

1 commento

  1. Certo, come nessuno sembra accorgersene!? Stiamo andando verso il NWO (New World Order), il Nuovo Ordine Mondiale! Eccome se ce ne stiamo accorgendo! Puah! Che schifo di mondo è diventato, i poveri sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi, le guerre sempre più micidiali, il cibo, l’acqua e l’aria sempre più avvelenati, siamo sempre più malati e i morti sempre sono più giovani. MA CHE BELLA LA GLOBALIZZAZIONE!! ???

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