Deposito di bibite in fiamme, il sospetto del rogo appiccato per incassare la polizza: accuse a titolari

 
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Gela. Un deposito di bibite andato in fiamme, in pieno centro storico. Per i pm della procura, però, ad appiccare il rogo sarebbero stati i titolari. A processo, sono finiti Vincenzo Famà e Francesco Famà. L’incendio risale all’estate di sette anni fa e inizialmente neanche gli investigatori avevano escluso che si potesse trattare di un’azione dolosa a danno dei proprietari. I dubbi, però, iniziarono ad emergere dopo le verifiche condotte dai periti della compagnia assicurativa che copriva i danni. Sarebbero state riscontrate anomalie nella dinamica dell’incendio, fino ad ipotizzare che sia stato appiccato per incassare la relativa polizza. In aula, uno dei poliziotti che si occupò delle indagini ha spiegato quanto notato nelle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza di un’attività commerciale a poca distanza dal deposito. “Si vedeva un uomo che abbassava la saracinesca – ha detto – e dopo qualche minuto, sono usciti in due, chiudendola. Uno di quegli uomini sembrò poi fermarsi nei pressi di una finestra laterale, quasi ad osservare cosa stesse accadendo all’interno”.

Il poliziotto non ha fatto riferimento all’identità di chi venne ripreso dalle telecamere di videosorveglianza. Per i difensori, gli avvocati Dionisio Nastasi e Maria Luisa Campisi, non si tratterebbe comunque dei due imputati, che anzi hanno sempre dichiarato di aver subito danni notevoli dall’incendio. Sarebbero stati alcuni passanti ad accorgersi delle fiamme e del fumo, lanciando l’allarme. La compagnia assicurativa, però, si è costituita parte civile (in aula con gli avvocati Calogero Giardina e Giuseppe Giardina), ritenendo che l’incendio sia stato volontariamente appiccato.

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