Disturbi alimentari in aumento a Gela

 
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Gela. All’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione è dedicata la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla che si celebra oggi. Questi disturbi sono un problema di sanità pubblica e oggetto di attenzione sanitaria e sociale per la loro diffusione, per l’esordio sempre più precoce tra le fasce più giovani della popolazione.

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono patologie complesse e sempre più diffuse, soprattutto fra i più giovani, che possono influire negativamente sullo sviluppo corporeo e sulla salute fisica e psicosociale, comportando, a volte, gravi problemi medici.

La Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla che si celebra oggi, invita a riflettere sul tema, ponendo attenzione sulle strategie per prevenire e combattere un fenomeno che richiede interventi tempestivi, in molti casi aggravato dalla pandemia di Covid-19.

La ricorrenza – nata nel 2012 grazie all’iniziativa di un padre, Stefano Tavilla, che il 15 marzo 2011 perse sua figlia Giulia a soli 17 anni a causa della bulimia – è stata ufficialmente indetta Giornata nazionale dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Il Fiocchetto Lilla è il simbolo delle storie di coloro che hanno vissuto queste malattie in prima persona e, dopo essere a lungo rimasti nell’isolamento e nel silenzio, si uniscono per dar voce a un coro comune: dai disturbi del comportamento alimentare si può guarire.

In Italia circa 3 milioni di persone, pari al 5% della popolazione, si trovano a fare i conti con i disturbi del comportamento alimentare. Ad esserne colpita è principalmente la popolazione femminile con un rapporto tra femmine e maschi di circa 9 a 1, anche se il numero dei maschi è in aumento soprattutto in età adolescenziale e pre-adolescenziale.

“A Gela sono notevolmente aumentati i numeri dei casi di anoressia e bulimia, soprattutto nella fase post covid mentre l’età si è notevolmente abbassata – ha dichiarato la psicoterapeuta Rosaria D’Amaro – è necessario che i genitori stiano attenti ai campanelli di allarme e se questi si dovessero verificare chiedere subito aiuto al pediatra e ad un professionista del settore.”

L’avvento dei social media, inoltre, ha fatto sì che ognuno potesse mostrare il proprio profilo come una vetrina da esibire, in cui tutto è costruito sulla modernità delle immagini e sulla ricerca della perfezione socialmente accettata.

Purtroppo oltre ai canoni estetici sbagliati che vengono proposti sui social si trovano chat in cui si danno “ le istruzioni per l’uso “, delle vere e proprie guide  per non prendere peso o vomitare il più possibile. I genitori devono controllare sempre le cronologie dei cellulari perché è proprio attraverso essi che i ragazzi entrano in contatto con questo mondo” ha poi aggiunto la psicoterapeuta D’Amaro.

L’adolescente che fa uso dei social media, si trova a dover affrontare una realtà distorta fatta di esibizione ed inizia a sperimentare fin da subito i primi sentimenti di frustrazione, attenzione ed insoddisfazione verso il proprio corpo. L’uso dei social media risulta essere maggiore tra gli adolescenti che già di per sé vivono una fase evolutiva di vulnerabilità, di incertezza, di definizione della propria personalità, di confronto costante e di identificazione con il gruppo dei pari.

Tutto ciò ha generato una smodata attenzione a ciò che viene pubblicato influenzando ciò che ognuno sceglie di far vedere al mondo esterno. I soggetti già inclini all’insoddisfazione corporea, il non raggiungimento dei canoni esibiti dalla maggioranza ha provocato un ulteriore abbassamento dell’autostima, sentimenti di sconforto, di disagio e una svalutazione della propria persona con possibili conseguenze precipitanti verso una diagnosi di DCA. In questi casi, infatti, l’alimentazione assume caratteristiche disordinate, caotiche, ossessive e ritualistiche, tali da compromettere la possibilità di consumare un normale pasto; nello stesso tempo le preoccupazioni per l’aspetto fisico diventano insostenibili e pervasive, tanto da minare la socialità della persona che ne soffre.

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