Dopo quattro anni tutto tace, Franzone, “sull’addio a Caltanissetta traditi dalle istituzioni”

 
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Gela. Dopo quattro anni, niente è cambiato. Il referendum popolare e il verdetto espresso dal consiglio comunale non sono serviti a niente. I cittadini e l’assise civica, esattamente quattro anni fa, hanno scelto di lasciare il Libero Consorzio di Caltanissetta, come chiesto a gran forza dagli esponenti del Comitato autonomo per lo sviluppo dell’area gelese. Invece, niente di fatto. “Al referendum parteciparono ventiquattromila cittadini – spiega il presidente del Comitato Filippo Franzone – quello svolto a Gela fu uno dei nove referendum confermativi tenutisi in Italia. I referendum confermativi ribadiscono una decisione già avvenuta e mediante questo strumento, la sottopongono a volontà popolare. Non hanno un quorum, semplicemente la maggioranza decide. A decisione presa, l’esito diventa subito operativo. O almeno questo avviene nelle nazioni evolute e in realtà dovrebbe avvenire anche in Italia. Purtroppo, e questo ci rattrista molto constatarlo, noi siamo la prova che non ècosì”. Per Franzone la città è stata tradita dalle istituzioni. “L’iter, normato dal 2013 ad oggi da ben undici leggi regionali, è stato rispettato alla lettera dai comuni di Gela, Piazza Armerina, Niscemi e Licodia Eubea – continua – la situazione attuale è la stessa degli ultimi quattro anni, attesa. Le scuse attuali sono che bisogna aspettare l’esito dell’impugnativa alla Corte Costituzionale, che dovrà pronunciarsi sulla possibilità o meno di svolgere le elezioni di primo livello piuttosto che di secondo per eleggere i rappresentanti degli enti intermedi siciliani. Anche in questo caso nulla di più falso, le scelte fatte da queste comunità non sono state fatte in merito a chi elegge cosa, ma sulla base di una vicinanza o appartenenza territoriale”.

Il Comitato non lascia spazio a “scuse” politiche e addirittura richiama la Brexit inglese. “Mentre tutti vogliono che l’esito della Brexit venga applicato, così come tutti vogliono che il referendum confermativo nazionale svolto nel 2016 venga applicato, nessuno vuole parlare del referendum promosso non da forze politiche, ma dal popolo – dice ancora Franzone – perché incute imbarazzo. Incute imbarazzo soprattutto all’Ars. Governi e maggioranze regionali, presidenti e assessori, hanno sempre dichiarato che le volontà popolari vanno rispettate, ma il rispetto delle volontà popolari non è mai la loro priorità. Non è una priorità nemmeno quando il sottosegretario agli Affari Regionali scrisse loro nel 2016, dicendo di completare l’iter”. Una vicenda che potrebbe approdare nelle aule di tribunale, mentre da quattro anni l’esito del referendum e il voto del consiglio non vengono rispettati.

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