Droga per i Rinzivillo, in appello cadono molte accuse: “Radicia non è capo”, condanne ridotte

 
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Gela. Una consistente riduzione dell’entità delle condanne di primo grado è arrivata al termine del giudizio d’appello per quattro imputati, tutti coinvolti nella maxi inchiesta antimafia “Malleus”. Il trentatreenne Antonio Radicia non era il promotore del traffico di droga, che per gli inquirenti sarebbe stato organizzato per conto del clan Rinzivillo. Proprio nei suoi confronti l’apparato accusatorio non ha retto, determinando quasi un abbattimento della pesante condanna di primo grado, quando i due gup del tribunale di Caltanissetta, a conclusione del giudizio abbreviato, gli imposero una pena complessiva di ventotto anni di detenzione. I difensori, gli avvocati Davide Limoncello e Paola Turco, sono però riusciti a dimostrare che l’imputato non avrebbe mai retto le sorti di nessun gruppo di spacciatori e non ci sarebbero state prove di un suo legame con i clan. Oltre all’assoluzione dal reato associativo, sono cadute diverse contestazioni legate a presunti episodi di acquisto e vendita di droga. Alla fine, gli sono stati imposti sette anni e quattro mesi di detenzione (oltre vent’anni in meno rispetto al primo grado), con il riconoscimento della continuazione rispetto ad una precedente sentenza e delle attenuanti generiche. I difensori hanno impugnato la sentenza di primo grado ribadendo la mancanza di elementi investigativi chiari che potessero disegnare un ruolo di rilievo per Radicia. Condanne ridotte anche nei confronti di Ivan Casciana e Giuseppe Domicoli. Difesi dall’avvocato Giacomo Ventura, hanno contestato i verdetti di primo grado. Per la difesa, non farebbero parte di nessun sodalizio criminale finalizzato al traffico di droga e il legale l’ha ribadito anche davanti ai giudici nisseni. Sei anni e otto mesi a Domicoli, mentre nel precedente giudizio dal gup Lauricella era arrivata la condanna a otto anni di detenzione e il giudice David Salvucci gli aveva imposto nove anni e quattro mesi di reclusione. Cinque anni e otto mesi a Casciana, che in primo grado era stato condannato a otto anni e dieci mesi di detenzione, ma era già stata esclusa una sua presunta appartenenza alle organizzazioni mafiose.

Quattro anni e tre mesi di reclusione a Baldassarre Nicosia, in primo grado condannato a nove anni e due mesi di reclusione dal giudice Lauricella e a sei anni dal gup Salvucci. Gli sono state riconosciute le attenuanti generiche. La difesa, sostenuta dal legale Cristina Alfieri, ha respinto le accuse formulate dai pm della Dda di Caltanissetta, che ritennero Nicosia pienamente coinvolto nell’organizzazione. In appello, invece, la difesa ha ottenuto l’assoluzione dalle accuse mosse per la presunta disponibilità di armi. La procura generale aveva invece chiesto la conferma di tutte le pesanti condanne di primo grado, ritenendo fondata la ricostruzione condotta dagli inquirenti. I giudici hanno comunque riconosciuto l’esistenza di un gruppo attivo nel mercato locale della droga. Quello deciso in appello è uno dei filoni dell’inchiesta che fece luce sui possibili canali d’approvvigionamento economico del clan Rinzivillo, a cominciare dagli introiti della droga.

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