“Ero il difensore di Rinzivillo, solo rapporti professionali”, Ferrara: “Nessun pizzino in carcere”

 
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Gela. Con il boss Salvatore Rinzivillo avrebbe avuto solo rapporti legati alla sua attività professionale. L’avvocato Grazio Ferrara, imputato nel dibattimento scaturito dall’inchiesta antimafia “Exitus”, questa mattina si è difeso davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Fabrizio Giannola). Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, il professionista invece sarebbe stato un riferimento del boss, anche dopo l’arresto e la detenzione a seguito dell’inchiesta “Extra fines”. Ferrara, rispondendo alle domande del pm Davide Spina e del difensore, l’avvocato Giacomo Ventura, ha invece fornito una versione dei fatti differente. Ha anche spiegato che in realtà i primi contatti con Rinzivillo li ebbe “tra il 2015 e il 2016”, prima ancora di assumere un incarico professionale per conto della sorella del sessantenne, fratello degli ergastolani Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo. Era stato contattato perché pare che Rinzivillo pretendesse la restituzione di soldi che il professionista era accusato di aver preso. “Io non sapevo niente di quei soldi – ha detto – per le stesse ragioni ero già stato minacciato da Roberto Di Stefano. Pensavano che mi fossi appropriato di una valigetta, contenente denaro, rubandola ad Umberto Bongiorno. Chiesi informazioni su Rinzivillo e mi feci dire dove abitava e comunque lo incontrai in un bar. Lo so, ho sbagliato, non avrei dovuto farlo”. Successivamente, Ferrara divenne il legale di fiducia di Rinzivillo, considerato il nuovo reggente dell’omonimo clan di mafia. Per la Dda nissena, l’imputato, che è a processo insieme ad Emanuele Zuppardo (difeso dal legale Roberto Afeltra), sarebbe in realtà diventato una figura importante nei rapporti che Rinzivillo cercava di strutturare, anche con esponenti della criminalità organizzata di altri territori siciliani. Furono monitorate più trasferte. In provincia di Messina, Rinzivillo ebbe incontri con Santo Napoli, a sua volta legato ad ambienti criminali. “Mi era stato detto che Napoli era un medico – ha aggiunto Ferrara – solo dopo venni a sapere che era in realtà un infermiere. Accompagnai Rinzivillo perché voleva avviare un’attività commerciale di prodotti tipici e Napoli aveva forniture. Rinzivillo era interessato ad aprire un’attività a Roma”. Ferrara ha escluso di aver mai avuto interessi per affari illeciti. Lo stesso ha riferito sugli incontri con Roberto Salerno. “Accompagnai un cliente che voleva valutare l’avvio di un’attività agricola”, ha precisato. Dai banchi d’accusa, la versione resa dal professionista pare non trovare riscontro.

Nel suo esame, l’avvocato ha anche respinto l’accusa del passaggio di pizzini in carcere, per comunicare ordini. “Feci un unico colloquio in carcere e mostrai a Rinzivillo la pagina di un quotidiano”, ha detto inoltre. Per i pm, il contenuto delle intercettazioni telefoniche darebbe invece indicazioni differenti. In aula, per continuare l’esame, si tornerà ad aprile.

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