“Firmavo per avere il lavoro”, gli indagati si difendono e accusano Fabio Fasulo

 
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Gela. Semplici prestanome e, spesso, del tutto inconsapevoli delle mosse finanziareportate avanti dall’imprenditore Fabio Fasulo.

Non sapevano di essere amministratori. Si sono difesi così molti degli indagati nell’indagine “Spin off”, messa a segno dai militari della guardia di finanza e da quelli dell’aliquota di polizia giudiziaria della procura, presentatisi davanti al giudice delle indagini preliminari Veronica Vaccaro. All’indomani del blitz e dei provvedimenti di custodia cautelare, sono scattati gli interrogatori di garanzia. “Non sapevo assolutamente di essere amministratore di aziende, addirittura anche di una impegnata nel settore della grande distribuzione – ha spiegato Lorenzo Li Calzi – mi venivano consegnati dei fogli, spesso in bianco, e firmavo. Fasulo mi ha più volte promesso un lavoro stabile”. L’agrigentino Li Calzi, difeso dall’avvocato Giusy Ialazzo, si trova attualmente agli arresti domiciliari. Il legale, comunque, ha chiesto la sostituzione della misura cautelare. Si sono difesi anche Pietro Caruso e Cristian Giubotaru. Il trentunenne Caruso, difeso dagli avvocati Flavio Sinatra e Raffaella Nastasi, ha confermato di essersi dimesso dalle cariche aziendali assegnategli dal gruppo Fasulo già tre anni fa. Non avrebbe più saputo nulla del destino di quelle aziende. “Non conosco bene la lingua italiana – ha detto invece il romeno Giubotaru – firmavo i documenti solo perché mi veniva promesso il lavoro”. Il quarantenne, da alcuni anni residente in città, è difeso dall’avvocato Dionisio Nastasi. Documenti sono stati prodotti anche dalla difesa della giovane Virginie Bongiorno, ritenuta collaboratrice dell’imprenditore Fabio Fasulo. Ha replicato alle accuse attraverso il suo legale Giovanni Lomonaco. Adesso, spetterà al gip Veronica Vaccaro decidere sulle richieste avanzate dai difensori degli indagati.

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