Fuori dalla fabbrica per parentele? Don Petralia, “Si lavora solo con padrini!”

 
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Gela. “Non condivido proprio per nulla la logica dell’esclusione legata alle parentele. La lotta alla criminalità organizzata si vince bloccando le infiltrazioni sospette anche all’interno della fabbrica Eni e non, invece, costringendo un lavoratore a protestare solo perché figlio di…”.

Il sacerdote Luigi Petralia, così, prende posizione all’indomani della protesta organizzata, davanti ai cancelli dello stabilimento Eni di contrada Piana del Signore, dall’ex dipendente della società edile Corima Giuseppe D’Arma.
“Vorrei capire – continua il sacerdote – quale logica sta alla base di una simile situazione. Certamente, se l’assunzione del ragazzo, fin dall’origine, fosse stata imposta, allora l’esclusione sarebbe giustamente valida. Ma dopo oltre dieci anni di lavoro all’interno della fabbrica si può chiudergli la porta in faccia? Utilizzando questo stesso criterio sarebbero decine gli operai da cacciare”.
I dubbi di padre Petralia vanno ben oltre il semplice caso di D’Arma, figlio di Armando già arrestato per reati di mafia.
“Quali criteri vengono applicati per l’ingresso nello stabilimento – si chiede Petralia – si entra per merito oppure esclusivamente in base al peso del padrino di turno? Non nascondiamocelo, la responsabilità di politica e sindacato è enorme”. Quello di Giuseppe D’Arma è solo l’ultimo di una lunga serie di casi.
“Capita spesso – aggiunge – che in parrocchia mi vengano a trovare ex operai delle aziende dell’indotto. Alcuni sono veramente disperati, hanno famiglie a carico e nessuna prospettiva. Conosco il caso di un lavoratore ex Cedis, con tanto d’invalidità, che da anni non riesce a trovare impiego. Ma non si dovrebbe dare priorità ai più deboli? A cosa servono queste famose liste di disponibilità?”.
I figli, in sostanza, non dovrebbero pagare a causa dei peccati commessi dai padri. “Vera assente davanti a questi drammi – conclude il sacerdote – è la politica. Perché nessuno parla? Lo stesso sindacato sta attraversando una fase di crisi che si ripercuote proprio sui lavoratori. Non si possono soltanto inviare comunicati di solidarietà davanti alle tragedie, bisogna agire e premiare chi si allontana da certe logiche criminali”.

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