Il perdono e la pace nel venerdì santo, tanti hanno seguito i riti

 
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Gela. Di tutta la settimana Santa è soprattutto il venerdì il giorno più sentito, il vero e proprio fulcro della tradizione popolare. Centinaia di fedeli in piazza Umberto I attendono l’uscita del Cristo per accompagnarlo nel viaggio che lo condurrà alla crocifissione. Il Cristo, opera del 1700 interamente fatta in cuoio e cartapesta, viene portato fuori dalla Chiesa Madre fino alla Piazza del Calvario, in processione, ripercorrendo tutte le stazioni della Via Crucis. Le processioni del triduo da sempre sono molto coinvolgenti e significative per la maggior parte della cittadinanza. Sono un’occasione vera per riflettere sul mistero pasquale. Non solo folklore o devozione, ma memoria tangibile, rappresentata, ripresentata e attualizzata, della sofferenza del Cristo. I marinai, secondo l’usanza gelese, trasporteranno il Cristo deposto dalla croce dentro l’urna, in processione in spalla fino in Chiesa Madre senza mai poggiarlo a terra. La figura dei marinai richiama sia il mestiere della maggior parte degli apostoli che al ruolo di Gela nell’antichità quale città non solo di agricoltura ma anche di mare. Il Cristo è stato issato sulla croce, come vuole la tradizione centenaria, dai sacerdoti gelesi. Il vescovo della diocesi mons.Rosario Gisana e il vicario generale Mons.Rivoli nell’omelia hanno invitato la città alla preghiera e alla riflessione.

Citando le beatitudini è stata ricordata l’importanza del perdono che ha un valore aggiunto quando diventa più difficile, soprattutto nei confronti di chi ha provocato dolore e sofferenza. Mons.Rorsario Gisana ha poi invitato i gelesi a pregare per la pace, dedicando un pensiero particolare a chi vive nelle zone di guerra. Ha concluso il suo intervento benedicendo le famiglie gelesi e la città augurandole una fiorente ripresa.
Nessun accenno nell’omelia invece alle vicende che stanno coinvolgendo la diocesi.

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