Informazioni riservate dai carabinieri, annullamento per Rinzivillo: confermate due condanne

 
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Gela. L’annullamento è stato confermato nel dispositivo emesso dalla Corte di Cassazione. Dovrà essere nuovamente la Corte d’appello di Roma a valutare la posizione del sessantenne Salvatore Rinzivillo, ritenuto nuovo capo dell’omonima famiglia di Cosa nostra e attualmente ristretto sotto regime detentivo del 41 bis. Già la procura generale aveva concluso richiedendo l’annullamento. Per il pg, la Corte d’appello capitolina avrebbe dovuto escludere l’aggravante mafiosa, linea seguita anche dalla difesa sostenuta dal legale Roberto Afeltra. Rinzivillo è accusato di aver avuto contatti e rapporti con due carabinieri, che gli avrebbero assicurato informazioni riservate. Tra le contestazioni c’è anche la corruzione. La procura generale ha chiesto l’annullamento facendo esplicito richiamo all’esclusione dell’aggravante di mafia. I giudici di Cassazione, nel dispositivo, scrivono che la sentenza di condanna a dieci anni di reclusione va annullata, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’appello, “limitatamente al trattamento sanzionatorio”. C’è stata invece la conferma delle condanne per i due carabinieri Cristiano Petrone e Marco Lazzari (rispettivamente difesi dai legali Silvia De Blasis e Cesare Placanica). In appello, per loro era caduta la contestazione mafiosa. Erano stati decisi sei anni e un mese di detenzione per Lazzari (in primo grado condannato ad otto anni) e sei anni e undici mesi per Petrone (in primo grado nove anni).

La procura generale ha inoltre concluso ritenendo inammissibile il ricorso della difesa dell’avvocato Giandomenico D’Ambra (rappresentato dal legale Domenico Mariani), che si è rivolta alla Cassazione solo perché in appello non c’era stata la pronuncia su uno dei motivi di impugnazione. Per il resto, D’Ambra, considerato molto vicino a Rinzivillo, aveva già definito la posizione con un concordato. Gli investigatori romani svilupparono le indagini partendo sempre dai contatti del sessantenne gelese, fino ad accertare l’accesso abusivo ai sistemi informatici in dotazione alle forze dell’ordine. Rinzivillo è stato il punto nevralgico delle inchieste antimafia “Extra fines-Druso” e “Cleandro”, condotte lungo l’asse Sicilia-Roma.

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