“Mai imposto estorsioni nei cantieri Nuovo Pignone”, operaio assolto anche in appello

 
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L'operaio era stato assunto in un'azienda dell'indotto "Nuovo Pignone"

Gela. Dopo l’assoluzione di primo grado, arriva anche quella in appello per l’operaio gelese Bartolomeo Monachella. I giudici della Corte d’appello di Genova non hanno accolto il ricorso presentato dai pm dell’antimafia ligure. L’imputato finì al centro di un’indagine su presunte influenze mafiose nei cantieri “Nuovo Pignone”, a Massa. Era accusato anche di aver imposto estorsioni al titolare di un’azienda, sempre gelese, che lavorava nei subappalti. L’imprenditore agli inquirenti segnalò che Monachella avrebbe preteso ulteriori pagamenti, da aggiungere alla retribuzione mensile che gli veniva riconosciuta dopo l’assunzione. Segnalò presunte minacce e intimidazioni. Un quadro probatorio che però cadde già davanti ai magistrati del tribunale di Massa, che accolsero le conclusioni avanzate dalla difesa di Monachella, sostenuta dall’avvocato Rocco Guarnaccia. Il legale, come fatto anche in secondo grado, ha ripercorso una vicenda che secondo la sua linea si collocherebbe solo in un tentativo di ritorsione ai danni dell’operaio. Fu infatti Monachella ad indicare anomalie riscontrare nella gestione del cantiere da parte dell’imprenditore che lo accusava. Secondo Cristoforo Palmieri, titolare dell’azienda, l’imputato lo avrebbe più volte minacciato e taglieggiato.

Tutti aspetti che non hanno retto, anche davanti alle testimonianze di altri operai che lavoravano insieme a Monachella. Tutti hanno escluso che l’imputato avesse mai preteso soldi in più, da destinare alla stidda. Anzi, come sottolineato dal difensore, hanno parlato del fatto che fosse sempre presente in cantiere e che lavorasse regolarmente. Davanti ai giudici di appello, la procura generale ha chiesto di poter risentire l’imprenditore che denunciò le presunte richieste estorsive. La difesa si è opposta e i giudici di appello, valutando elementi già piuttosto chiari nell’intera vicenda, hanno chiuso il procedimento, con la conferma dell’assoluzione. Come ha ribadito la difesa, Monachella non agì mai per conto dei clan, essendo invece un operaio che lavorava regolarmente, anche quando fu assunto dall’azienda di Palmieri.

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