“Mutata arma”, in Cassazione cade l’aggravante mafiosa per tre imputati

 
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Coinvolti vennero monitorati per diversi mesi anche in un improvvisato poligono per le armi

Gela. Per i giudici della Corte di Cassazione non ci sono i presupposti per contestargli l’aggravante mafiosa. Così, è stato disposto l’annullamento, senza rinvio, per le posizioni di Davide Orazio Faraci (difeso dall’avvocato Flavio Sinatra) e Salvatore Biundo (rappresentato dal legale Salvo Macrì). Nei loro confronti viene meno la pesante contestazione, mossagli nell’inchiesta “Mutata arma”. La stessa decisione è stata adottata anche per un altro imputato, Majch Vella (difeso dall’avvocato Giuseppe Fiorenza), anche se in questo caso i giudici romani hanno disposto il rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta, proprio per valutare ulteriormente quest’aspetto. Sono stati accolti, rispetto a questo punto, i ricorsi avanzati dalle difese, che hanno impugnato le decisioni emesse dalla Corte d’appello nissena. Gli imputati sono accusati di aver avuto un filo diretto con il gruppo di mafia dei Rinzivillo, sia per le armi che per il traffico di droga. Ricostruzioni che i legali hanno sempre contestato, anche nei precedenti gradi di giudizio. Tutti elementi che hanno portato in Cassazione, nonostante la procura generale abbia chiesto di respingere i loro ricorsi.

L’annullamento, con rinvio, è stato deciso, per Biundo, anche su uno degli altri capi di accusa; per Faraci, invece, rispetto al riconoscimento della continuazione. Nei loro confronti, erano state pronunciate le sentenze più pesanti, come pena imposta. In appello, anche se fu decisa una riduzione rispetto al primo grado, dieci anni e quattro mesi erano stati imposti a Majch Vella (il gup in primo grado aveva indicato undici anni e quattro mesi); nove anni e due mesi di detenzione per Salvatore Graziano Biundo e Davide Faraci (in primo grado la condanna era di dieci anni). Con l’annullamento per l’aggravante mafiosa, l’entità delle condanne si riduce. I giudici romani, invece, non hanno accolto i ricorsi avanzati nell’interesse di altri due imputati, si tratta di Davide Pardo e Andrea Tomaselli. Nei loro confronti, si concentravano contestazioni meno gravi. In appello, era arrivata la condanna ad un anno e sei mesi per Davide Pardo (difeso dall’avvocato Cristina Alfieri), in continuazione con una precedente sentenza (la condanna del gup era di due anni di detenzione). Un anno e tre mesi, invece, per Tomaselli (rappresentato dall’avvocato Ignazio Raniolo. Altri imputati, sempre coinvolti nell’inchiesta, ne rispondono davanti al collegio penale del tribunale di Gela.

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