Omicidio Di Maria, a Morso permesso per lavorare: difesa punta a revisione condanna

 
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L'abitazione di Molassana dove venne ritrovato il cadavere

Genova. In primo grado fu condannato a ventuno anni di reclusione. I ricorsi successivi portarono ad una riduzione della pena a sedici anni di detenzione, confermati dalla Cassazione nel 2019. Il quarantenne gelese Guido Morso fu ritenuto responsabile dell’omicidio di Davide Di Maria, ventottenne trovato senza vita all’interno della sua abitazione di Molassana, a Genova, dove lo stesso Morso risiede da anni. Al quarantenne, detenuto da quando la condanna è diventata definitiva, è stato concesso un permesso per lavorare all’esterno del carcere. E’ impegnato infatti in un’attività per la vendita di prodotti ittici. Il giudice gli ha concesso questa possibilità, su richiesta della difesa. Di Maria, in base a quanto ricostruito dagli investigatori genovesi, sarebbe morto a causa di una ferita generata probabilmente da un fendente inferto con una lama. All’interno di quell’abitazione, Morso sarebbe arrivato insieme al padre Vincenzo (a sua volta condannato per la vicenda ma solo per la detenzione di armi). Ci sarebbe stato una sorta di regolamento dei conti, ritengono gli inquirenti dovuto allo spaccio di droga. Morso ha sempre respinto l’accusa di omicidio, visto che all’interno dell’appartamento c’erano più persone e tutte avrebbero preso parte allo scontro. Intanto, ha scelto di mettersi alla prova con il lavoro durante il periodo di detenzione. La Corte di Cassazione, invece, è tornata sulla sua vicenda processuale. Sono state pubblicate le motivazioni di un’ordinanza con la quale è stato disposto che sia nuovamente la Corte d’assise d’appello di Genova a pronunciarsi su un’opposizione avanzata dal legale del quarantenne. La difesa aveva fatto richiesta agli stessi giudici della Corte d’assise d’appello per ottenere l’autorizzazione ad esaminare un paio di scarpe, portate da uno dei coinvolti che si trovava nell’abitazione il giorno dell’omicidio. Ci sarebbe l’intenzione di acquisire nuovi elementi per un’eventuale revisione della sentenza di condanna.

La Corte d’assise d’appello, prima autorizzò l’esame delle scarpe, per accertamenti tecnico-scientifici. Successivamente, però, respinse l’istanza. Contro questa decisione, la difesa di Morso si è rivolta alla Cassazione, che però ha ritenuto trattarsi appunto di un’opposizione. A decidere, quindi, dovrà essere nuovamente la Corte d’assise d’appello del capoluogo ligure. La difesa punterebbe quindi a mettere insieme nuovo elementi a discolpa di Morso, per cercare di ribaltare la condanna, attraverso una revisione.

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