“Nel 2001 Crocetta voleva i voti dei Di Giacomo”, accuse dell’ingegnere Sciascia

 
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Gela. “L’ex sindaco Rosario Crocetta chiese più volte d’incontrare Salvatore Di Giacomo. Ricordo, soprattutto, una riunione organizzata a Scoglitti”.

Ammissioni giunte durante una delle udienze del processo che si sta celebrando a carico, dell’ex dipendente comunale Salvatore Di Giacomo e del nipote Giovanni, accusati di aver pianificato e messo in atto il tentativo d’omicidio ai danni dell’attuale direttore generale di Palazzo di Città Renato Mauro.
A descrivere il presunto avvicinamento fra il neo presidente della regione e l’allora dipendente del settore comunale manutenzioni, è stato l’ingegnere Roberto Sciascia, per diversi anni dirigente a Palazzo di Città. Sono stati gli avvocati della difesa a chiedere l’esame del professionista.
“Credo – ha continuato Sciascia – che l’interesse dell’ex sindaco fosse legato ad un’intesa elettorale con Di Giacomo. L’incontro avvenne nella fase pre elettorale del 2001”. Salvatore Di Giacomo, in base ai risultati delle indagini condotte sul suo conto, avrebbe per anni approfittato del suo incarico e della presunta appartenenza al gruppo della Stidda per imporre un vero e proprio sistema nella spartizione dei lavori pubblici in municipio.
“Da dirigente comunale – ha ammesso lo stesso Sciascia – ebbi modo di confrontarmi con Rosario Crocetta anche quando iniziò a rivestire i primi incarichi nelle giunte guidate da Franco Gallo”.
Durante l’audizione, davanti alla corte presieduta dal giudice Paolo Fiore, l’ingegnere ha annunciato di aver già presentato una denuncia per diffamazione a carico del presidente della regione.
“Dei contattati avuti da Crocetta e Di Giacomo – ha concluso il testimone – ho parlato all’ex pm Nicolò Marino che, da quello che mi risulta, aveva avviato un’inchiesta su questa ed altre questioni”.
Intanto, il pubblico ministero Roberto Condorelli ha chiesto alla corte la condanna a diciotto anni di reclusione per Salvatore Di Giacomo e a quattordici per il nipote Giovanni. La spedizione organizzata per colpire Renato Mauro, accusato di aver imposto regole più stringenti nell’affidamento di appalti ed interventi di manutenzione, fallì solo a causa di una pistola improvvisamente inceppatasi.

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