“Il defibrillatore poteva salvare mia figlia”, la disperazione della madre di Elisabetta

 
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Gela. Il 12 luglio di quattro anni una giovane vita si spezzava per un principio di annegamento. Elisabetta Mastrantonio aveva solo 14 anni, una vita davanti e tanti sogni. La procura di Catania non ha ancora chiuso l’indagine per quella morte che si è verificata sulla spiaggia di Scoglitti. Ufficialmente Elisabetta è morta per arresto cardiaco.

La madre, Ina Incorvaia, non si è limitata a chiedere la verità su quella tragedia, ma lotta affinchè nessuno possa morire per la mancanza di un defibrillatore o un punto di emergenza territoriale nelle spiagge distanti dagli ospedali cittadini. “Quest’anno Elisabetta avrebbe conseguito la maturità – ricorda Ina Incorvaia – nessuno potrà più restituirmela ma almeno vorrei che si evitassero altre tragedie come quella che ha visto morire mia figlia. Con un defibrillatore in una ambulanza ed il personale medico preparato forse Elisabetta sarebbe sopravvissuta”.

La donna ha deciso di donare un defibrillatore cardiaco al liceo linguistico Elio Vittorini, la scuola frequentata da Elisabetta. “Quando arrivò l’ambulanza – ricorda – si limitarono ad controllo cardiaco. Quando da Scoglitti giunsero all’ospedale Guzzardi di Vittoria era oramai troppo tardi. La mia battaglia, rivolta anche al presidente della Regione Rosario Crocetta, che conosco ai tempi di Rifondazione comunista, è quella di permettere l’istituzione di punti di pronta emergenza territoriale nelle spiagge affollate distanti dagli ospedali. E ovviamente non è il caso solo di Scoglitti. Basterebbe distaccare una propria ambulanza dell’Asp con un medico ed un infermiere preparati soltanto durante la stagione estiva. Oppure utilizzare le strutture private. Non si può morire per un ritardo o l’assenza di un defibrillatore”.

Elisabetta morì per arresto cardiaco in spiaggia, nei pressi della Lanterna. La disgrazia si verificò intorno alle 16. La ragazzina stava facendo il bagno quando iniziò ad ingerire acqua, annaspando in acqua, trascinata dalle fortissime correnti marine. Elisabetta venne soccorsa e portata sulla battigia. E lì è rimasta per più di mezz’ora, prima che arrivasse l’ambulanza. I testimoni riferirono di avere chiamato il 118 intorno alle 16,10. Il mezzo di soccorso giunse più o meno alle 17. Quando la ragazzina finalmente giunse in ospedale era troppo tardi. I medici la videro spirare senza poter far più nulla. Le indagini non hanno ancora stabilito se quella vita umana si poteva salvare con mezzi di soccorso più tempestivi e attrezzati. Ina Incorvaia è convinta di sì. E per questo lotta per evitare che la morte di sua figlia si ripeta.

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