“Redditi sproporzionati”, confiscati beni per mezzo milione di euro a Trubia

 
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Gela. La Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Caltanissetta ha eseguito una  confisca di beni, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, divenuto irrevocabile a seguito di sentenza della Suprema Corte di Cassazione, con il quale è stata disposta la confisca definitiva dei beni in sequestro, per un valore di circa 500mila euro, riconducibili a Maurizio Trubia, esponente degli Emmanuello.

L’irrevocabilità del decreto di confisca ha consentito allo Stato di acquisire definitivamente beni immobili e beni mobili registrati che risultano essere il frutto del reimpiego dei proventi dell’attività illecita. L’esecuzione del provvedimento ha permesso l’acquisizione definitiva di 27 beni tra cui un’impresa individuale di allevamento di ovini e caprini e l’intero complesso aziendale, costituito anche da beni mobili registrati e numerosi mezzi agricoli; 19 beni immobili, di cui 4 fabbricati e 15 terreni; 3 beni mobili registrati, un’autovettura, un autocarro e un motoveicolo e 4 rapporti finanziari, 2 depositi a risparmio e 2 conti correnti.   

I beni erano stati sottoposti a sequestro, nel dicembre del 2019, con decreto della Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, su proposta del Questore di Caltanissetta, a seguito delle indagini di natura patrimoniali espletate dal personale dell’Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della Questura nissena, che aveva verificato come il valore dei beni nella piena disponibilità dell’appartenente al sodalizio criminale era sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dallo stesso, accertando, quindi, che i beni oggi acquisiti definitivamente erano frutto delle attività illecite poste in essere e ne costituivano il reimpiego.

Trubia, 55enne, sorvegliato speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, pluripregiudicato per diverse tipologie di reato, tra cui ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi da sparo, furto e pascolo abusivo, è stato condannato, alla pena di 8 anni di reclusione, poiché riconosciuto colpevole del reato di associazione di tipo mafiosa, per avere fatto parte del sodalizio criminoso denominato “cosa nostra – gruppo Emmanuello”, con sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 2010, confermata dalla Corte di Appello nel 2012 e divenuta irrevocabile il nel 2013.

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