Scavi illeciti per i reperti archeologici, condanne “Agorà”: depositate motivazioni

 
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Gela. La pronuncia delle tredici condanne, emesse dal collegio penale del tribunale, risale a fine luglio. Gli imputati, coinvolti nell’inchiesta “Agorà”, erano accusati di aver organizzato un presunto traffico di reperti archeologici, portati via da aree archeologiche locali, ma anche delle province di Catania e Ragusa. Il collegio, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a distanza di pochi giorni dal dispositivo letto in aula, ha depositato le motivazioni. Al termine del dibattimento, sono stati imposti quattro anni e tre mesi di reclusione a Simone Di Simone (era stata la richiesta di condanna più elevata a sette anni e sei mesi); tre anni e due mesi a Giuseppe Rapisarda; tre anni e un mese ad Orazio Pellegrino (accusato di essere l’esperto capace di stimare il valore dei pezzi); due anni ciascuno per Salvatore Cassisi, Nicola Santo Martines, Vincenzo Peritore e Mihaela Ionita; un anno e dieci mesi a Gaetano Di Simone e Vincenzo Cassisi; dieci mesi per Pasquale Messina; cinque mesi (con pena sospesa) a Giuseppe Cassarà; quattro mesi (con pena sospesa) ad Amedeo Tribuzio; tre mesi (sempre con pena sospesa) per Pietro Giannino. Sono stati assolti, “per non aver commesso il fatto”, Giuseppe Orfanò, Benedetto Cangemi, Vincenzo Strabone e Nicolò Piero Cassarà. Reati prescritti, infine, per Francesco Rapisarda, Francesco Cannizzaro e Francesco Musumeci. E’ stata stralciata la posizione di Rocco Mondello (difeso dall’avvocato Angelo Cafà), per il quale si procederà in altro giudizio. Il giudice D’Amore, nel dispositivo letto in aula, oltre ad aver ordinato la confisca dei sistemi usati dagli imputati (soprattutto smartphone e tablet), ha anche disposto che i reperti di valore archeologico sequestrati nel corso dell’indagine vengano acquisiti dal Museo regionale di Molino a Vento. Pare che nelle motivazioni venga confermata l’esistenza del gruppo impegnato nel traffico illecito di reperti e i contatti tra organizzatori e chi, invece, si occupava degli scavi.

Nella sua requisitoria, il pm Federica Scuderi aveva parlato di una vera e propria “società”, attiva nel settore delle compravendite illecite di reperti archeologici. Un quadro ricostruito dai finanzieri durante le attività di verifica. Con il deposito delle motivazioni, si apre per le difese il termine per la presentazione dei ricorsi in appello. I legali di tutti gli imputati hanno escluso che ci fossero attività organizzate per il recupero e la successiva vendita di reperti archeologici. I legali che rappresentano i coinvolti sono gli avvocati Davide Limoncello, Salvo Macrì, Giovanni Cannizzaro, Maurizio Scicolone, Nicoletta Cauchi, Ivan Bellanti, Giovanni Lomonaco, Ivo Russo e Paola Carfì.

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