Sicario ucciso dal fuoco amico, Cassazione annulla due ergastoli

 
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Gela. I pentiti si contraddicono. Le incongruenze sono tali da annullare due gradi di giudizio nel processo per l’omicidio di Crocifisso Emmanuello. Tutto da rifare dopo la sentenza della prima sezione della corte di Cassazione per i fratelli Nunzio e Davide Emmanuello, Emanuele Emmanuello e Salvatore Morello.

I primi due erano stati condannati all’ergastolo, mentre Morello ed Emanuele Emmanuello a 22 anni di carcere. I difensori Sinatra, Tipo e Monaco avevano ricorso in Cassazione puntando sulle diverse versioni di Rosario Trubia (condannato nel 2007), i fratelli Celona, Filippo Bilardi e Graziano Argenti.

Nel 2008 commissariato e squadra mobile eseguirono quattro ordinanze di custodia cautelare su ordine del Gip del tribunale del capoluogo. Quell’omicidio di certo fu un errore, un tragico errore. Crocifisso Emmanuello venne ucciso il 26 giugno del 1988 dal fuoco amico. Emmanuello, all’epoca trentaduenne, era a bordo di una Seat Ibiza in compagnia (si è scoperto tanti anni dopo) di Rosario Trubia e Giuseppe Verderame. L’agguato si verificò all’altezza del Castelluccio, lungo il viale alberato. Emmanuello venne trovato con la testa spappolata. Calzava guanti neri ed all’interno dell’auto vennero trovati due fucili a pompa calibro 12 ed un automatico, e due pistole. Si pensò subito che la vittima si apprestava a compiere un crimine. Un testimone raccontò che quando la Ibiza si andò a schiantare contro una betoniera uscirono altre due persone dall’auto che fuggirono a piedi. Inizialmente si pensò che i killer erano a bordo di una Fiat Uno che diede vita ad un inseguimento sulla statale 117 bis. A distanza di diversi anni si scoprì una verità sconcertante. Emmanuello venne ammazzato dai due stessi complici. Per rispondere al fuoco dei sicari che erano sulla Fiat Uno vennero esplose fucilate e colpi di pistola dalla Ibiza. Uno di questi colpì alla testa Emmanuello. Gli investigatori infatti dissero subito che il pastore era stato ucciso con colpi da distanza ravvicinata. Gli stiddari della Fiat Uno furono individuati e processati. Verderame invece venne ucciso successivamente in un agguato nei pressi della villa comunale. Rosario Trubia, oggi pentito, ha detto che accanto ad Emmanuello c’era proprio Verderame, mentre lui stava dietro. “Ho sparato con una pistola”, ha raccontato Trubia, mentre Celona avrebbe dovuto partecipare a bordo di una moto, ma rimase poi in città. La Cassazione ha però rinviato gli atti processuali alla corte d’Assise di Catania.

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