Villa Greca: l’anima nascosta

 
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La fontana di Villa Greca

Gela. Non pensavo, sinceramente, di dover tornare a parlare della Villa Greca, pur consapevole che tanti altri dettagli potevano già essere messi in rilievo. D’altronde, come diceva Charles Bukowski, è sempre il dettaglio, il particolare che fa la differenza: che si tratti di una parola sola, di un solo sguardo, di un frammento di un ricordo. Sono i dettagli che si fissano indelebilmente nella memoria e tengono nel tempo il quadro dell’insieme. Nel nostro caso, i dettagli sono davvero perle che si incastonano in un autentico gioiello, determinandone un incremento di valore e di bellezza. Non può essere ignorata, per esempio, la fontana che dà prestigio al tratto che va dalla Villa vera e propria all’incantevole terrazza. Costruita con pietra di Comiso su due livelli comunicanti e con criteri di sicurezza persino per i bambini, contiene una statua che possiamo interpretare come una sirena o come la primavera alla stessa stregua di quella che fa bella mostra di sé sul Corso Imperatrice a Sanremo. O la dépendance che, pur facendo corpo unico con la Villa, non ne altera assolutamente l’armonia architettonica. Un particolare non è stato mai messo in evidenza: la tristezza è totalmente bandita dal luogo. Se con il sole ogni cosa della Villa si accende prodigiosamente nei suoi svariati colori, con la pioggia sembra venire accarezzata da un delicato tocco di poesia, procurandoci una lieve, dolce melanconia, la condizione in cui ogni essere umano sente più ardentemente e acutamente il proprio rapporto con l’universo. E al primo raggio di sole, dopo la pioggia, la vasta gamma dei colori della flora e dei manufatti della Villa acquista una purezza e un’intensità primigenia che sbalordisce l’anima. Confesso, però, che, per quanto straordinariamente significativi siano i dettagli che ho messo in evidenza, ho ripreso la penna in mano soprattutto per un particolare che, più degli altri, contribuisce a delineare la figura di uomo e di imprenditore di Luigi Greca: il cuore pulsante della Villa. Ma prima qualche piccolo antefatto. Carl Sandburg diceva che nulla accade prima di un sogno. Ebbene, i sogni di Luigi Greca non si limitano alla semplice fattibilità, ma sfidano sovente quasi l’impossibile. Aveva appena tredici anni quando maturò, soprattutto nella casa patrizia dei Lanza a Valguarnera, il suo primo sogno, quello di andare in Africa. In realtà, quello non appariva un semplice sogno, ma per l’opinione comune, qualcosa che rasentava la pazzia. Ebbene, dieci anni dopo Luigi Greca raggiunge il cuore dell’Africa, in un momento di grave turbolenza politica, seguito qualche mese dopo dalla moglie, la signora Maria Garofalo, una grande donna, acculturata, che ne ha sempre rispettato i sogni e gli è sempre stata vicino (in realtà, nel tempo, ha fatto molto di più). La donna, poco più che ventenne, trascinandosi dietro due preziosi fagottini, la figlia Maria Rita di poco più di due anni e il figlio Michele di appena un anno e mezzo, tocca, dunque, da sola la terra d’Africa e da sola raggiunge l’impavido marito a Muanda, passando per Kinshasa e sorvolando con un piccolo aereo il corso del fiume Congo per seicento chilometri. In Africa Luigi Greca realizza, nell’arco dei sei anni in cui vi opera, esperienze importanti per ciò che sarà poi la sua vita professionale e imprenditoriale. Da quel momento, tutti i componenti della famiglia, compresi i due bambini, acquistano lo status di cittadini del mondo. L’ultimo sogno realizzato da Luigi Greca è, ovviamente, la Villa, di cui abbiamo già detto meraviglie. Ma lui non lo considera l’ultimo e appagante dei suoi sogni, perché, realizzato un sogno, ce n’è sempre un altro, magari più grande e complesso dei precedenti, pronto ad infiammargli il cuore. La mattina, al risveglio, il suo pensiero va subito a ciò che dovrà riempire di significato la sua giornata. L’ultimo dei suoi sogni, che da qualche tempo accompagna e popola le sue notti e i suoi giorni, è quello di fare di Gela la New Orleans del Mediterraneo. Parole che commuovono e destano stupore. Ed io mi sono chiesto perché New Orleans invece che New York, Los Angeles o altra città famosa? Di New Orleans sappiamo un bel po’ di cose: come vi sia nato e si sia radicato l’amore per la musica Jazz, Blues, Gospel, Spiritual, Ragtime; sappiamo che New Orleans non dorme né di giorno né di notte, che festeggia vari carnevali di cui il Mardi Gras è il più duraturo e famoso, in un delirio colorato e chiassoso che non ha eguali; sappiamo che New Orleans ha tanti prestigiosi musei e gallerie d’arte, un porto importante, è particolarmente operosa, può pregiarsi di molte altre peculiarità che ci strappano dalla realtà e ci immettono in un mondo di sogno (che sono stato tentato di descrivere). Insomma, parliamo di una città unica nel suo genere. E allora ho chiesto a Luigi Greca come vede Gela nei prossimi decenni e quali peculiarità dovrebbero caratterizzarla perché diventi la New Orleans del Mediterraneo. Risposta: New York è semplicemente la città dell’arte e del business; Los Angeles è semplicemente la città del cinema; Gela può diventare la città dei teatri (ne abbiamo già quattro, ma per Luigi Greca bisogna costruirne degli altri per distinguerci e differenziare l’offerta), del turismo importante, della musica, dell’industria compatibile, della pesca, della salvaguardia delle peculiarità dell’agro-alimentare, delle specificità (penso ai tanti meravigliosi cortili e ai tanti fascinosi siti che non cito per dare agio a Luigi Greca di operare in tranquillità). Tutto sta, egli dice, nel saper cogliere le opportunità che ci passano continuamente sotto gli occhi e che spesso non vediamo o ci incutono paura e diffidenza. E, ora, siamo al dunque.

Tra tutte le sue creazioni, quella che maggiormente delinea il tratto distintivo dell’essere di Luigi Greca è La fondazione a cui ha dato il nome di “The best brains on the World” che letteralmente significa “I migliori cervelli del mondo”. Il significato è chiaro: questa fondazione recluta e ospita i più creativi ragazzi di Gela e della Sicilia, in qualche caso anche ragazzi provenienti da luoghi lontani, e li istruisce sul modo di realizzare un sogno, un’idea, un progetto. Problema: dove ospitare la fondazione? Idea: utilizzare il pianterreno, da sempre adibito a deposito di oggetti e cibarie. Sulle prime, però, il locale si rivela angusto, malandato e assolutamente inadatto per la funzione. Allora, con un’ardita operazione di sbancamento in direzione nord, ne viene aumentata la superficie. In realtà, si trattava di un sotterraneo consegnato alla luce e alla diretta fruizione con dei semplici eppure originali accorgimenti. Ne esce fuori, dopo i lavori di adeguamento e di rinforzo delle fondamenta, qualcosa di straordinariamente bello e funzionale, arredato con mobili in stile che le parole, quand’anche ricercate, non possono nemmeno darcene l’idea. Chissà che un giorno o l’altro non faremo il tentativo. Ma subito posso dire che la fondazione può oggi fregiarsi di quattro ambienti intercomunicanti, ognuno con funzioni diverse: un elegante foyer, due ambienti per le funzioni specifiche della fondazione, e un altro ancora, che definirei polivalente, corredato anche di un pianoforte, ove c’è quindi posto anche per la musica. I pregi e le particolarità di questa struttura, realizzata unicamente da ingegnose maestranze gelesi, si riverberano persino nell’ambiente circostante, particolarmente nell’agorà, con effetti strabilianti. Insomma, un’idea e una realizzazione che hanno del genio. Non meno prodigiosa è la Villa vera e propria, una testimonianza che abbiamo rischiato di perdere per sempre senza il salvataggio miracoloso dei Greca. La semplice descrizione richiederebbe spazi che non ci sono assolutamente concessi. Per ora, posso dire che si tratta di un gioiello che farebbe sognare persino un titolato. Questa esperienza mi ha ulteriormente rafforzato nella convinzione che sono i luoghi, più che le persone, che modellano e rimodellano le nostre anime. E Luigi Greca, creatore di bellezza, non lo dice a parole, ma ci fa chiaramente capire, facendo suo il dogma dostoevskiano, che l’unica salvezza possibile passa attraverso la bellezza.

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