Amianto killer, pronta nuova protesta: i drammatici casi della fabbrica

 
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Gela. Sono pronti ad una nuova manifestazione di protesta: i lavoratori esposti all’amianto, infatti, continuano a contestare uno stato di fatto che non riconosce il loro contatto con le fibre killer.

“Anche questa volta – dicono gli esponenti locali dell’Ona Salvatore Granvillano e Franco Famà – ci troviamo davanti ad un muro. I nostri colleghi, intanto, subiscono offese alla dignità sempre più gravi”. L’avvocato Ezio Bonanni, che rappresenta in giudizio buona parte di questi operai, ha partecipato ad alcune udienze in tribunale programmate per ieri mattina.
“Da quello che ho avuto modo di constatare in aula – spiega – i magistrati locali sembrano molto legati alla giurisprudenza consolidata che riconosce l’esposizione all’amianto in fabbrica solo fino al 1992. Cercheremo di sfatare questo principio”.
Dello stesso avviso l’altro legale che segue i procedimenti scaturiti dall’esposizione all’amianto, l’avvocato Lucio Greco. “A questo punto – dice – non trascuriamo neanche l’ipotesi di azioni eclatanti”.
Lo stesso primo cittadino Angelo Fasulo ha già dato la sua disponibilità a partecipare alla manifestazione nazionale indetta, il prossimo 15 maggio, davanti al tribunale di Milano.
“Il comune sta facendo quello che può – ammette Fasulo – ci siamo già costituiti parte civile in diversi procedimenti. Adesso, stiamo collaborando con i rappresentanti istituzionali dei comuni di Milazzo, Priolo e Porto Torres, tutte aree sottoposte all’incidenza della grande industria, per reclamare quello che ci spetta, salute e diritti. In programma, c’è un incontro ministeriale”.
Vincenzo Guaia, per trentacinque anni alle dipendenze del gruppo Eni, si è rivolto direttamente alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
“Ho una bronchite cronica – dice – per decenni, ho lavorato nel reparto distribuzione fluidi. La mia esperienza in fabbrica si è conclusa a febbraio del 1992 e, per pochi mesi, sono stato condannato a non poter usufruire della legge che tutela gli esposti all’amianto. Non eravamo informati, vivevamo respirando e maneggiando questo materiale”.
Giuseppe Bonvissuto ha lasciato la fabbrica otto anni fa: alle dipendenze della Cosema si occupava di facchinaggio.
“Adesso – confessa – convivo con due tumori e i controlli li devo sostenere continuamente. Purtroppo, l’amianto lo trasportavo anche sulle spalle dopo le operazioni di scoibentazione delle linee”.

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