Pulsione di morte e frenesia dell’accumulazione: cosa hanno in comune Freud e Keynes?

 
0

Secondo Freud l’individuale e il collettivo sono profondamente legati da un rapporto, forse, perverso. Nel contempo, Keynes si scagliò contro l’affermazione di molti economisti che il collettivo è rappresentato dalla somma degli individui. Il risultato è che l’individuo di Freud, come per Keynes, è un essere collettivo che nasce e si evolve tramite il lessico.
L’individuale è afflitto dall’ansia, dall’aggressivo e autodistruttivo, e si scontra con il collettivo dove cerca rifugio e protezione. Il riferimento può essere al fenomeno speculativo; si specula contro la speculazione assicurandosi con contratti a copertura di rischio (futures), incrementando in maniera esponenziale la speculazione. L’angoscia produce maggiore angoscia e nella circolazione del denaro, come la concepisce Marx, il denaro genera sempre più denaro. L’individuo si perde nel terreno di questa dinamica, che assume la forma di ciò che oggi chiamiamo globalizzazione.

Tutto questo potremmo definirlo «psicoanalisi dell’economia», come affermano gli economisti Dostaler e Maris nella loro opera “Capitalismo e pulsione di morte”, dove gli autori spiegano la spinta all’autodistruzione dell’umanità attraverso il concetto freudiano di pulsione di morte e l’idea keynesiana di frenesia dell’accumulazione.
Sia Freud che Keynes non credevano nell’autonomia dell’individuo (principio fondamentale del pensiero neoclassico) poiché l’individuo è immerso in una folla inquieta e insaziabile (schiacciata dal peso della pressione culturale) che lo spinge senza limiti all’accumulazione. All’individuo violento, secondo Freud, viene prospettata una crescita illimitata, ma l’accumulazione capitalista è particolarmente perversa, poiché pretende di rendere pacifici gli uomini soddisfacendo i loro bisogni. 

Il capitalismo globalizzato ha modellato le culture affinché esse si adattino ai bisogni degli individui, promuovendo una spirale convulsa all’accumulazione, dove i bisogni sono sempre in crescita e meno soddisfatti. Così nasce la frustrazione dell’uomo contemporaneo, immerso nella ricerca della felicità tra le passioni individuali e il sorgere del conflitto collettivo.
L’individuo è immerso nella folla che opera come un gregge, soggetto al panico e sensibile a tutti i movimenti che esso stesso provoca. Secondo Freud non esiste nessuna distinzione tra psicologia individuale e psicologia delle masse. Se i singoli soggetti presentano una desiderio morboso di denaro alla fine la società, il collettivo, rappresentano un tutt’uno e corrono verso il fallimento. La confusione tra comportamento individuale e collettivo non preoccupa Keynes, poiché il collettivo possiede la psicologia di una società di individui, ciascuno dei quali tenta di copiare gli altri. Il mercato rappresentato da Keynes non è il frutto dell’interazione di individui indipendenti, ma è la folla cieca impaurita, alla ricerca di un guida.
L’interazione tra Freud e Keynes rappresenta il capitalismo finanziario del nostro tempo, dove il desiderio di migliorarsi economicamente è l’obiettivo da raggiungere, ma sempre spostato in avanti in nome e per conto del benessere collettivo. Il mercato braccio armato del capitalismo finanziario è impotente nei confronti di un grande sistema che rappresenta la sublimazione di tutte le contraddizioni politiche ed economiche. Il capitalismo, impegnato nell’accumulazione, è il terreno delle disuguagliane tra nazioni e tra gli uomini, in grado di produrre guasti enormi, che sembra promettere benessere per tutti salvo poi farci cadere nel malessere generalizzato, scaricando sui più deboli le sue contraddizioni.
Il sistema sta allora percorrendo la strada dell’autodistruzione? Non necessariamente, se si avvia un cambio di rotta per correggere e perfezionare il capitalismo finanziario contemporaneo, prima di pensare di buttarlo nella sua interezza a mare. Winston Churchill diceva: «Il vizio inerente al capitalismo è la divisione ineguale dei beni; la virtù inerente al socialismo è l’uguale condivisione della miseria».

Alessandro Morselli, docente di economia internazionale e globalizzazione dei mercati, Università di Roma Unitelma Sapienza.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here