Attirò Reina in una casa per farlo uccidere, “maga” condannata all’ergastolo

 
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Gela. Carcere a vita per Maria Rosa Di Dio, 53 anni, accusata di aver partecipato all’omicidio di Agostino Reina, lupara bianca nel 1992. Lo ha deciso ieri la corte d’Assise, andando persino oltre la richiesta dell’accusa,  che attraverso il sostituto Onelio Dodero aveva sollecitato una condanna a 22 anni di carcere. 

L’omicidio venne eseguito in concorso con Davide Emmanuello, Fortunato Ferracane, Carmelo Massimo Billizzi, Alessandro Emmanuello, Rocco Manfrè (suicida in carcere dopo l’arresto) e Rocco Ferlenda. Reina venne ucciso perché ritenuto ostile a Cosa nostra. A lamentarsi erano anche la moglie della vittima, Adelaide Ascia e Maria Rosa Di Dio, erano stanche del comportamento violento di Reina. L’uomo venne attirato in una trappola in una abitazione rurale di contrada Passo di Piazza della Di Dio, detta “la maga”. Nel marzo del 2010 la squadra mobile eseguì l’operazione “Mantis religiosa”. La corte non ha concesso neanche le attenuanti generiche, ritenendo invece l’omicidio commesso con premeditazione. Il difensore della donna, avvocato Flavio Sinatra, aveva chiesto l’astensione alla corte perchè in passato aveva giudicato  alcuni degli indagati in un altro procedimento. La difesa ha insistito per l’assoluzione, facendo rilevare che la Di Dio aveva contribuito a fare arrestare ad esempio Rocco Ferlenda e uno dei fratelli Celona. La pensa diversamente la corte d’Assise che ha pronunciato la sentenza di condanna. Per i giudici la Di Dio aveva messo a disposizione degli assassini di Reina l’abitazione rurale in cui materialmente venne commesso lo strangolamento e il successivo occultamento del cadavere. Non solo. Per la corte negli anni Novanta aveva messo a disposizione luoghi in cui nascondere armi e droga del clan, oltre che gli stessi affiliati.

I pentiti hanno parlato a lungo della Di Dio. Crocifisso Smorta dice di conoscerla bene. “Maria Rosa Di Dio intesa “la Maga” è donna legata da sempre al clan Emmanuello.  Intorno al 1992, con Rocco Manfrè ed Alessandro Emmanuello, andammo a trovare Davide Emmanuello  al tempo latitante, in una casa di campagna vicino al lago Biviere – racconta Smorta – In quella casa erano presenti tra gli altri la Maria Rosa Di Dio. La casa era nella disponibilità della Di Dio, se non sbaglio apparteneva ai suoi genitori . In quella casa se non sbaglio vennero poi arrestati i fratelli Celona Emanuele detto Daniele e Sergio. Più volte ebbi a recarmi in questa casa a trovare Davide e lì trovai sempre la Di Dio. Subito dopo, ricordo che il MANFRE’ mi disse che dovevamo aiutare economicamente la Maria Rosa Di DIO ed infatti in alcune occasione ebbi a lasciarle delle somme di denaro ed a pagare delle bollette a lei intestate. A seguito di ciò con la Di Dio è nato un solido rapporto di amicizia con tutti noi del clan Emmanuello: La  Di Dio aveva un fratello ucciso dagli stiddari nel corso della guerra ’80 . La donna su mia richiesta mise a disposizione del nostro clan una stanza della sua casa vicino al Comune di gela, intorno all’anno 92.

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