Blocchi anti-Covid, operai trasfertisti in strada da giorni: “C’è chi ha dovuto dormire in stazione”

 
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Uno dei blocchi per impedire il passaggio

Gela. Per loro non ci sono possibilità di rientrare. Con i cantieri chiusi e le autorizzazioni del caso, diversi operai, gelesi e niscemesi, credevano di poter rientrare nei Comuni di residenza, così da mettersi in isolamento. Ora, però, sono vittime del “pugno duro” imposto dalla scia sempre più restrittiva delle misure di contrasto al Covid-19. C’è chi da almeno tre giorni è bloccato in Calabria, a Villa San Giovanni. Niente transito in Sicilia per loro. Le prefetture di Messina e Reggio Calabria hanno detto no a qualsiasi richiesta. Da lì non si può passare. I lavoratori sono esasperati e stanno tentando di avere l’attenzione delle istituzioni. Neanche in Calabria possono trovare collocazione. “Le prefetture di Messina e Reggio Calabria stano adottando la linea dura – dice il vicesindaco Terenziano Di Stefano che è in contatto con alcuni dei gelesi bloccati – ho cercato di spiegare che hanno tutte le autorizzazioni e al rientro in città li monitoreremo e hanno abitazioni rurali dove sostenere la quarantena. Non c’è stato nulla da fare. C’è chi arriva dalla Francia, dove hanno chiuso perfino gli alberghi. Altri gelesi arrivano da Taranto e c’è un altro lavoratore che è stato fermato a Roma, di rientro dalla Sardegna, e ha dormito in stazione. Sono esasperati e noi invece siamo rammaricati”. I lavoratori hanno protestato e chiesto spiegazioni. Non ci sono condizioni di salute preoccupanti, ma senza neanche un tetto sopra la testa tutto può accadere. Viaggiano da giorni e nessuno può permettersi di sostenere le spese di vitto e alloggio per l’intero periodo della quarantena. “La cosa assurda – aggiunge Di Stefano – è che neanche le autorità calabresi possono assicurargli una sistemazione, perché secondo la loro interpretazione sarebbe come legittimare la violazione dei decreti del governo. Per loro, questi lavoratori hanno violato le disposizioni e non avrebbero dovuto viaggiare. Ma con i cantieri chiusi e senza strutture dove alloggiare, come avrebbero dovuto fare?”.

Ora, attendono che qualcuno possa individuare una soluzione, che al momento pare non esserci. Il “pugno duro” che fa sempre più proseliti, ora li ha lasciati in strada.

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