“Dov’è il morto?”, arriva l’autofunebre ma è un falso allarme: due a giudizio

 
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Gela. Accusati di aver preso di mira un’intera famiglia, tanto da allertare i dipendenti di una società di pompe funebri facendogli credere che all’interno della loro abitazione di Margi ci fosse un cadavere.

Con l’accusa di procurato allarme, due giovani sono finiti sotto processo. Si tratta di Marco Burgio e Stefano Cocchiara, difesi dagli avvocati Davide Limoncello e Rosalba Averna. “Non soltanto le pompe funebri – ha spiegato in aula uno dei componenti del nucleo familiare che sarebbe finito nel mirino dei due imputati – un giorno si presentarono i carabinieri e i sanitari del 118 perché qualcuno li aveva contattati sostenendo che all’interno del nostro appartamento ci fosse stato un accoltellamento”.
La famiglia presunta vittima degli imputati si è costituita parte civile con l’avvocato Giovanni Cannizzaro. Non sono mancati, durante l’udienza andata in scena davanti al giudice Antonio Fiorenza, i botta e risposta tra il pubblico ministero Francesco Spataro e i legali di difesa.
I difensori, infatti, contestano che le presunte telefonate inoltrate alle forze dell’ordine, alla società di pompe funebri e alla stessa famiglia siano mai state effettuate dagli imputati.
I due, adesso, dovrebbero essere sentiti all’udienza del prossimo 16 marzo.

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