Ecatombe delle banche gelesi immolate da una crisi solo meridionale

 
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Gela. In questo articolo cercheremo di affrontare l’argomento della chiusura delle banche nel territorio gelese. 

Il racconto della morte delle banche meridionali. Partiamo dalla chiusura della Banca di sconto ad opera dei piemontesi che, nel 1860, cominciarono a distruggere le vetrine e subito dopo a danneggiarla irrimediabilmente. Continuiamo con il Banco di Napoli fondato a Palermo il 27 settembre 1849 come banca di emissione ma 1926 perde il diritto di emissione.

Nel 1991 attraverso la “legge Amato” subisce la trasformazione da Istituto di Diritto Pubblico a Società per azione. Nel 2001 viene incorporato in San Paolo Imi e nel 2003 viene  denominato San Paolo Banco di Napoli Spa, ma nel 2007 ritorna alla denominazione originaria Banco di Napoli e  nel 2010  viene  confluito  in Unicredito e diviene Istituto di Diritto Pubblico ed entra nel capitale di Mediocredito Centrale dopo essere stato rifinanziato. Il primo del mese di ottobre del 2007 diventa operativa la funzione Capitalia Unicredito. Così, dopo queste peripezie, sparisce il Banco di Napoli. Stessa sorte tocca al Banco di Sicilia e alla Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele, fondata quest’ultima nel 1861 e chiusa definitivamente nel 1997: aveva 246 filiali e 3850 dipendenti. La sorte toccata alle Banche di Credito Cooperativo (Bcc) non è meno drammatica delle banche Regionali. La fine della raccolta di denaro in favore del nord. L’obiettivo è fare sparire il credito bancario nel meridione così la raccolta del credito diviene monopolio assoluto e incontrastato del nord  della nazione che sommato alle somme raccolte dalle assicurazioni non lasciano spazio di movimento agli operatori  economici del mezzogiorno d’Italia. E’ questa una sintesi di quanto successo negli ultimi anni fino alla riforma politica “salva banche” ricorrendo a finanziamenti dello Stato. In questo contesto viene “salvata” banca “Etruria”, gestita dal padre e dal fratello del ministro Boschi, con l’avallo di giustificazione in tutte le direzioni. Dagli insoluti, alle obbligazioni fasulle e alle azioni azzerate con la trasformazione delle Banche popolari in Spa. Un percorso sfociato nella rovina di soci e risparmiatori.

Banca d’Italia dove si trova?

I direttori generali aspettano dalla politica di essere nominati a Presidente della Repubblica Italiana. Quasi un compenso per avere assistito inermi alla bancarotta di migliaia di persone e risparmiatori, ridotti alla fame.

I dubbi sulla equità dei controlli. Ma la stessa Consob, tanto solerte al sud quanto lasciva al nord, con la giustificazione dei controlli accentrati in Europa “non vede e non sente”. Ancora oggi le banche del meridione spediscono pedissequamente informazioni sull’andamento delle strutture bancarie, consentendo il controllo di ogni piccolo errore istante per istante. Noi che abbiamo gestito banche al Sud, sappiamo con quanta solerzia imponevano le loro posizioni attraverso i controlli più spietati, siamo stati definiti mafiosi e incapaci, mentre al nord i presunti illeciti avvengono apertamente senza l’avvio di indagini della magistratura capaci a dimostrare i ladrocini denunciati dai risparmiatori. Se non sono più organismi di controllo perché Consob e Banca d’Italia non vengono chiusi definitivamente?

Quale risparmio economico porterebbero all’Italia indebitata al massimo a mantenere questi pachidermi nei loro centri di potere?

La disfatta economica gelese. Gela è come tutto il meridione alla mercé dei nordisti, tutti i nostri risparmi sono trasferiti al nord e se a qualcuno venisse la voglia di fare un minimo investimento, dovrebbe rivolgersi alle banche del nord, che applicano tassi di interesse paragonabili alle gabbie salariali e premi assicurativi ancora più gravosi delle gabbie salariali. Tutto ciò avviene sotto gli occhi dei politici, dei sindacati e della cultura dominante.

La fuga “in versi” da Gela. Concludo con un trafiletto scritto da un giovane poeta gelese, Emanuele Maganuco, trasferitosi in Francia, e che condivido: “Se l’inferno come bibbia narra fosse, paradiso soave apparirebbe alla mia urbe”. Queste le sue parole di saluto ad una nazione dominata da soprusi e dalla corruzione, sorda ad ogni iniziativa di presa di coscienza della realtà storico-sociale del territorio.

Nella foto la storica cassaforte della banca popolare Terranova di Sicilia che ho consegnato a Giuseppe Di Forti, presidente della Bcc Del Nisseno, custodita nella sede gelese.

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