“Extra fines”, via appello: giudici valutano richieste, difese concludono nell’abbreviato

 
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Gela. La riserva verrà sciolta mercoledì, sempre in udienza. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta decideranno sulle richieste avanzate dalle difese degli imputati, che hanno impugnato le condanne scaturite dal dibattimento di primo grado, per i fatti dell’inchiesta antimafia “Extra fines”. Secondo gli inquirenti, i coinvolti avrebbero assicurato pieno sostegno al boss sessantenne Salvatore Rinzivillo, che ne risponde in abbreviato. Nel corso della lunga indagine, vennero ricostruiti presunti rapporti economici e commerciali, ma anche affari illeciti, come quello della droga. Questa mattina, la procura generale ha esposto la relazione. Le condanne, in primo grado, sono state pronunciate per i fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo (venti anni di detenzione per i fatti successivi al 2008) e Crocifisso Rinzivillo (trenta anni di reclusione in continuazione con precedenti verdetti). Sarebbero stati loro, seppur detenuti in carcere ormai da anni e sotto regime di 41 bis, a dare il comando della famiglia di Cosa nostra all’altro fratello, Salvatore. Si sarebbe mosso tra Roma, Gela e la Germania, con contatti frequenti fuori dall’Italia. Intorno a lui, avrebbero gravitato sodali, finiti nell’inchiesta e nel giudizio. Dodici anni sono stati imposti a Rosario Cattuto, già condannato per il troncone “Druso” (ai giudici di appello il difensore Riccardo Balsamo ha chiesto di sentire un testimone che considera importante per fare chiarezza sulla posizione dell’imputato). In primo grado, il collegio ha disposto la condanna anche per Carmelo Giannone e Angelo Giannone, padre e figlio impegnati nel commercio ittico. In base alle indagini, avrebbero sfruttato la vicinanza di Salvatore Rinzivillo non solo per allargare l’attività in altre province ma anche per riscuotere crediti o pretendere condizioni di favore. Gli inquirenti accertarono che uno dei loro capannoni venne messo a disposizione per una riunione tra esponenti dei clan. Carmelo Giannone è stato condannato a dodici anni di detenzione; Angelo Giannone a sette anni e nove mesi. Ad entrambi sono stati imposti altri quattro mesi, per una delle contestazioni definite con il rito abbreviato, che ha determinato invece l’assoluzione per accuse legate al possesso di armi. Dieci anni e otto mesi sono stati pronunciati per Alfredo Santangelo, imprenditore etneo che avrebbe fatto da tramite economico per i Rinzivillo. Otto anni per Antonio Maranto e sei anni a Giuseppe Rosciglione, che avrebbero dato la loro disponibilità per le messe a posto di operatori del settore ittico, in province dove gli affari dei Rinzivillo, secondo gli inquirenti, si stavano sviluppando. Sei anni e otto mesi sono stati imposti a Francesco Maiale, altro operatore del settore ittico che si sarebbe messo a disposizione. Sette anni di reclusione sono stati decisi per Luigi Rinzivillo, legato a Salvatore Rinzivillo da rapporti di parentela. L’attenzione degli investigatori si concentrò sulla sua sala scommesse, in base alle indagini usata anche per riunioni decise da Salvatore Rinzivillo. Sei anni e otto mesi sono stati pronunciati per Umberto Bongiorno, che attraverso Rinzivillo avrebbe tentato di concretizzare investimenti commerciali nella zona di Roma. Sei anni e otto mesi anche per Vincenzo Mulè, ritenuto molto vicino a Rinzivillo, anche rispetto all’intenzione di riallacciare rapporti negli Stati Uniti. Per le posizioni dei fratelli Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo, ma anche per quelle di Luigi Rinzivillo, Umberto Bongiorno, Rosario Cattuto, Angelo Giannone e Carmelo Giannone, sono state pronunciate assoluzioni, ma solo per alcune delle accuse che venivano mosse. I pm hanno invece impugnato l’assoluzione che il collegio penale del tribunale, in primo grado, ha emesso nei confronti dell’imprenditore Emanuele Catania. Per gli inquirenti, avrebbe fatto da riferimento economico, nel settore ittico, per Rinzivillo, ma nel corso dell’istruttoria dibattimentale la difesa, sostenuta dall’avvocato Giacomo Ventura, è riuscita a dimostrare l’estraneità di Catania, che con Salvatore Rinzivillo avrebbe intrattenuto solo un rapporto di conoscenza, ma senza mai avere interessi negli eventuali affari del boss. Per i pm, però, la sua posizione va approfondita, anche in appello. L’impugnazione è stata decisa per un altro imputato, assolto in primo grado, Giuseppe Licata (difeso dall’avvocato Flavio Sinatra). Il giudizio di appello si è aperto anche per lui, che è titolare di aziende nel settore dell’autotrasporto e dei mezzi da lavoro.

Sempre oggi, davanti ai giudici nisseni, è proseguito il procedimento di secondo grado, che tocca tutti gli imputati, sempre nel filone “Extra fines”, che però scelsero di essere giudicati con il rito abbreviato. Questa mattina, l’avvocato Giovanni Lomonaco ha discusso per le posizioni di Gaetano Massimo Gallo e Giuseppe Flavio Gallo, a loro volta ritenuti in contatto con il boss Salvatore Rinzivillo. La difesa ha concluso, chiedendo di rivedere le condanne disposte dal gup, per arrivare all’assoluzione. I due imputati, per la difesa, non avrebbero mai dato sostegno ad attività illecite né avrebbero investito per agevolare il boss. In aula, si tornerà il prossimo febbraio. In questo filone, sono già stati chiesti ventidue anni di detenzione per Salvatore Rinzivillo (difeso dall’avvocato Roberto Afeltra); tredici anni e quattro mesi di reclusione per l’avvocato Giandomenico D’Ambra, ritenuto molto vicino a Rinzivillo e che avrebbe intrecciato una serie di affari a Roma; dodici anni e dieci mesi per Ivano Martorana, considerato braccio destro del boss in Germania, soprattutto per il traffico di droga; undici anni per Gaetano Massimo Gallo e due anni e otto mesi per Giuseppe Flavio Gallo; dieci anni e otto mesi ciascuno per Filippo Giannino, Emanuele Romano, Alessandro Romano, Aldo Pione e Rosario Pione; dieci anni per il carabiniere Marco Lazzari e per Rolando Parigi. A chiedere la conferma di tutte le condanne è stato inoltre il legale di un imprenditore locale, che secondo gli inquirenti fu vittima di richieste estorsive. L’avvocato Vittorio Giardino, nell’interesse dell’imprenditore, ha concluso sostenendo la conferma della pronuncia di primo grado, che ha riconosciuto una consistente provvisionale. Tra i difensori, in questo procedimento, ci sono gli avvocati Rocco Guarnaccia e Cristina Alfieri.

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