Gli affari del clan Rinzivillo in città, reggono le accuse contro il presunto capo

 
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Gela. Avrebbe tenuto le redini della famiglia mafiosa dei Rinzivillo in città e, per questa ragione, i provvedimenti di custodia cautelare emessi nei suoi confronti vanno confermati.

Tre indagati. I giudici della Corte di cassazione sono intervenuti in questo modo nella vicenda del trentaquattrenne Davide Pardo, arrestato dai poliziotti della mobile di Caltanissetta e da quelli del commissariato di via Zucchetto nel giugno di un anno fa. Nel blitz, finirono anche lo zio Roberto Di Stefano, ex collaboratore di giustizia, e l’imprenditore Nicola Cassarà.

Stando ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, avrebbero cercato di rimettere in piedi l’organizzazione interna del clan Rinzivillo. Il ricorso presentato dai legali di fiducia di Pardo, gli avvocati Flavio Sinatra e Cristina Alfieri, è stato respinto dai magistrati di cassazione. I difensori, infatti, contestavano l’ordinanza emessa dai giudici del tribunale del riesame di Caltanissetta. Secondo la difesa, infatti, non vi sarebbero elementi d’indagine tali da collegare Pardo con l’organizzazione mafiosa e con il presunto traffico di sostanze stupefacenti.

I collaboratori lo accusano. “L’ordinanza impugnata indica una serie di collaboratori di giustizia – scrivono i magistrati di cassazione – che hanno ribadito come Davide Pardo, sin dal 2000, appartenesse al clan Rinzivillo, la cui attività era volta non solo al compimento di estorsioni ma anche al traffico di stupefacenti”. Il ritorno in città di Roberto Di Stefano, inoltre, avrebbe riacceso la rivalità per il controllo del clan, con tanto di armi a disposizione. Sia Pardo che Di Stefano compariranno davanti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Caltanissetta.

Sono cadute, invece, le contestazioni di associazione mafiosa per il terzo indagato, l’imprenditore Nicola Cassarà difeso dall’avvocato Giovanni Lomonaco. “Va detto che il tribunale del riesame – scrivono ancora i giudici di cassazione – anche legittimamente richiamando la ben più articolata ordinanza cautelare, ha indicato una serie di elementi a conforto della appartenenza dell’odierno ricorrente al sodalizio mafioso denominato clan Rinzivillo”. 

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