Grazia Scimè vittima innocente della mafia, una morte dimenticata

 
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Gela. E’ passata in sordina la ricorrenza dell’agguato mafioso del 1988 di piazza Salandra costato la vita all’incolpevole casalinga Grazia Scimè, di 56 anni.

La donna era rimasta ferita mortalmente da due sicari che prima di fuggire in sella a una Piaggio Vespa avevano sparato contro la folla per eliminare un rivale dell’organizzazione mafiosa degli “Stiddari”. In quel terribile giorno erano rimaste ferite altre tre casalinghe, Concetta Iudice, Saveria Catalano e Antonella Guaia, oltre al pregiudicato Giuseppe Nicastro.

Allora il piazzale che ospita il convento dei frati agostiniani e il teatro Eschilo era sede di un mercatino rionale. Ieri, nessun evento ha spezzato la monotonia di piazza Sant’Agostino riqualificata e caratterizzata da blocchi di cemento geometrici, voluti dall’architetto Roberto Collovà. Nel silenzio delle istituzioni è trascorso una ricorrenza che ha segnato per sempre la vita di una famiglia e caratterizzato negativamente per anni l’immagine della città che continua a essere menzionata per episodi di mafia e violenza.

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