Il blitz antimafia “Fenice”, in appello Barberi, Musto e Rizzo: verso le conclusioni della procura generale

 
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Gela. Sono attese per fine maggio le conclusioni del procuratore generale nel giudizio di secondo grado aperto nei confronti di Alessandro Barberi, Alberto Musto e Fabrizio Rizzo. Le condanne di primo grado ritenute troppo lievi. Tutto si deciderà davanti ai magistrati della Corte d’appello di Caltanissetta ai quali si sono rivolti i difensori dei tre. Gli imputati sono accusati di far parte del gruppo di Cosa nostra intenzionato a rinsaldare i ranghi lungo l’asse Gela-Niscemi. Così, non sarebbero mancati atti intimidatori e danneggiamenti nei confronti di un gruppo imprenditoriale niscemese. Fatti che finirono al centro dell’inchiesta “Fenice”. In primo grado, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Caltanissetta pronunciò condanne per un totale di oltre trent’anni di detenzione. Dodici anni di reclusione per Barberi, dieci anni e quattro mesi imposti ad Alberto Musto e otto anni e due mesi comminati a Fabrizio Rizzo. Adesso, i giudici nisseni dovrebbero pronunciarsi anche sull’entità delle condanne emesse in primo grado, a conclusione del giudizio abbreviato. I giudici della Corte di cassazione, infatti, hanno rinviato gli atti ai colleghi nisseni dopo il ricorso presentato dalla procura generale. Per i magistrati della procura, infatti, l’entità delle condanne di primo grado non sarebbe stata conforme alle gravi accuse mosse a Barberi, Musto e Rizzo. Una ricostruzione, quella portata avanti dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, fortemente contestata, già in primo grado, dai difensori Francesco Spataro, Flavio Sinatra e Antonio Impellizzeri. Le difese escludono la volontà di ricostruire un clan mafioso, riallacciando i rapporti tra le famiglie di Gela e quelle di Niscemi. Per la prossima udienza, sono attese anche le conclusioni delle parti civili, compresa l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Panebianco.

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