Il nuovo clan Rinzivillo, gli indagati si difendono davanti ai giudici: “Non siamo mafiosi”

 
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Gela. Gli indagati nell’operazione “Malleus” hanno scelto, nella gran parte dei casi, di non rispondere alle domande del gip all’indomani degli arresti.

Molti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Si sono trincerati dietro al silenzio Giuseppe Mangiameli, Giuseppe Placenti, Alessandro e Davide Pardo e Valerio Longo. Assistiti dai legali Carmelo Tuccio, Cristina Alfieri e Boris Pastorello, si sono presentati davanti al magistrato avvalendosi della facoltà di non rispondere.

“Non siamo mafiosi”. Nel carcere di contrada Balate, invece, ha risposto Baldassare Nicosia che ha confermato di aver spacciato droga anche a causa dei tanti problemi economici che lo hanno colpito negli scorsi anni. “Non ho mai fatto parte, però, di organizzazioni mafiose”, così ha replicato alle accuse mosse dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta. Dichiarazioni spontanee, nel carcere nisseno, ha reso Antonio Radicia. Il trentenne, difeso dall’avvocato Davide Limoncello, non ha nascosto di essere stato attivo nel mercato locale dello spaccio di droga ma ha fermamente respinto qualsiasi sua vicinanza al gruppo dei Rinzivillo. Ha preso le distanze dalle accuse di mafia anche Ivan Casciana. Difeso dall’avvocato Giacomo Ventura, ha ribadito davanti al gip di non aver mai fatto parte di alcuna organizzazione criminale. Nelle ultime ore, sono stati sentiti anche gli altri indagati. Per ultimi, si presenteranno all’interrogatorio di garanzia sia Giuseppe Domicoli sia Gaetano Smecca: avevano fatto perdere le loro tracce per diverse ore.

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