Il vero massacro di Pontelandolfo e Cadalduni

 
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Trattare la vera storia delle città meridionali, massacrate dai carnefici piemontesi,

ci permette di giudicare con più obiettività, quella parte di verità che alcuni ricercatori moderni, hanno tentato di fare emergere.

La cultura meridionale scettica e asservita agli usurpatori nordisti , senza il minimo senso di dignità storico-politico dei fatti disastrosi avvenuti al fine di giustificare una unità dell’Italia  contro l’altra unità italiana, calpestata e vituperata da più di 150 anni, qualificando tutto il meridione come “brigante” e perciò inutile al resto dell’Italia  dai carnefici.

Noi , vorremmo trattare i fatti storici avvenuti nel 1860 attraverso il testo di Giordano Bruno Guerri. Questo grande scrittore, giornalista e storico italiano del XX secolo, nasce a Lesa, una frazione di Monticiano, provincia di Siena, da Gina Guerri il 21/12/1950. Assume il cognome della madre dopo l’introduzione del divorzio, la Signora Guerri si è potuta sposare in seconde nozze. Lo storico Guerri è un convinto Toscano della peggiore specie, perché tutti i massacri compiuti sui meridionali, sono giustificati dal grande fine dell’unità d’Italia dopo che i piemontesi , portarono la capitale da Torino a Firenze.

Nel mese di luglio 1861, il generale Cialdini, aveva fatto fucilare seicento briganti tra Napoli e dintorni , le carcerazioni di preti e laici avvenivano a centinaia.

L’ 8 agosto dello stesso anno, furono arrestati, oltre i capi del governo Borbonico, il cardinale Arcivescovo Sisto Riario Sforza insieme al suo vicario generale. Rinchiusi nel famoso carcere della Vicaria e, dopo, tradotti a Genova con una nave. La ribellione, però, non si acquietava anzi Castellamare tornò nelle mani Borboniche e la stessa Napoli sembrava assediata. Occorse l’aiuto, richiesto da Cialdini, del Commodoro inglese. Quattrocento soldati britannici ,sbarcati a Castellamare dalla nave da guerra Exmouth, ricacciava indietro le truppe legittimiste, poco dopo, arrivarono altre sette navi con il compito di sorvegliare le coste e, se necessario, bombardare.

L’11 agosto 1861 i cittadini di Casalduni fucilarono 45 soldati piemontesi e il loro comandante Achille Iacobelli , che era passato dalla parte dei piemontesi, informò il generale Cialdini, a cui scrisse: eccellenza, quarantacinque soldati, tra i più valorosi figli d’Italia, furono trucidati… invoco la magnanimità di sua eccellenza  affinché  i due paesi di Pontelandolfo e di Casalduni soffrano un tremendo castigo che sia di esempio alle altre popolazioni del sud. Cialdini, mandò subito 200 bersaglieri agli ordini di De Marco e il generale Maurizio Sonnaz ,detto, requiescant  (per la sua propensione alla facile fucilazione ), fece  muovere ben 900 bersaglieri e un’altra colonna di cinquecento bersaglieri guidata dal colonnello Negri, coadiuvato da De Marco, mentre Iacobelli comandava una colonna di quattrocento uomini assieme al maggiore Melegari. Tutta l’azione, composta da duemila soldati era coordinata da Sonnaz.  

Il Negri, di cui abbiamo fatto cenno, è Pier Eleonoro Negri, il pluridecorato vicentino, nelle prime guerre d’indipendenza e per la battaglia del Garigliano , contro i Borbonici. Dopo il massacro di Pontelandolfo fu nominato cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio Lazzaro, quindi divenne aiutante di campo di Vittorio Emanuele II, comandante militare di Ancona e Piacenza e infine gli fu conferito il titolo di conte.

Negri incurante degli attacchi  della banda di Cosino Giordano, continuò la marcia verso Pontelandolfo. Prima radunarono chi sapevano esser dalla loro parte, poi iniziarono la carneficina . Niente e nessuno fu risparmiato, tranne le quattro abitazioni dei loro fiancheggiatori . I soldati uccisero ed incendiarono al grido di “piastre, piastre” volevano il denaro.

Fieno e legna secca, stipati nelle stalle e nei bassi per riscaldare d’inverno quelle case gelide, furono accatastate nelle soglie insieme a balle di paglia. Le torce consegnarono tutto e tutti al fuoco.

Uomini, donne e bambini sorpresi dalle fiamme nei loro letti; disperati che tentarono di fuggire vennero abbattuti come al tiro al bersaglio. Le donne furono violentate.

Una ragazza di sedici anni, legata a un palo in una stalla, fu oltraggiata da dieci bersaglieri, davanti agli occhi del padre, e poi entrambi uccisi.

Un contadino tentò di fuggire con il figlioletto tra le braccia: ma un soldato glielo strappò dalle mani e lo freddò a colpi di fucile. Due giovani , i fratelli Rinaldi, che durante un soggiorno napoletano, si erano imbevuti di idee liberali, si presentarono al criminale Negri, chiedendo spiegazioni, ma furono bendati e fucilati. Per ore, fino al mattino inoltrato, la strage non ebbe sosta, poi iniziò il saccheggio.

Le chiese furono spogliate di tutto. Quadri, vasi, oro, argento, ex voto, calici consacrati, perfino le statue dei santi ricomparvero il giorno dopo a Benevento, dove la colonna di Negri si acquartierò allestendo un bazar che gli abitanti del luogo – ancora capaci di ironia- chiamarono “Caserma del Gesù”.

Ancora oggi, per non dimenticare, piangiamo le fosse Ardeatine, dove i barbari tedeschi , uccisero trecento Italiani, in rapporto di uno a 10, mentre i liberatori piemontesi, nobili e colti, uccisero migliaia di meridionali, con un rapporto che potete fare voi, perché noi dobbiamo dimenticare.

A Napoli, il maggiore Melegari il 12 di agosto, riceveva l’ordine firmato da Cialdini: “che di Casalduni e di Pontelandolfo non rimanga pietra su pietra”. Carlo Melegari , sapeva della ferocia del generale, perché aveva combattuto ai suoi ordini nella campagna di Crimea, era spaventato.  

Il numero di morti che il grande storico senza dignità , riporta  nel suo testo “il sangue del sud”, fu di 164.

La Gazzetta del popolo, filogovernativo propose al di là delle cifre, di non fucilare, ma impiccare, poiché la stessa corda può servire a molti. Il suggerimento non venne accolto e due mesi dopo furono fucilati 37 persone nei due paesi e una trentina a Cerreto Sannito, dove si erano rifugiati alcuni scampati alla morte.  Per informazione, nel 1860, Casalduni, aveva oltre 3.000 abitanti e Ponteladolfo , superava i  5.000, i calcoli di questo storico poco informato, rispecchiano soltanto la sua malafede e disonestà storica perché su 8.000 ne furono massacrati solo 164.

Il suo libro ha una sola caratteristica, quella di far capire alla cultura meridionale stupida, che i fatti di cui stiamo trattando, non sono quelli di storici meridionali, poco attendibili, quali: Pino Aprile, Antonio Ciano, Lino Patruno o Nicola Zitara ma di convinti partigiani della storia come: Giordano Bruno Guerri o Spadolini  con il suo testo sul risorgimento Italiano,  fa l’elogia a  Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi, Cialdini e La Marmora. Certo, fino a quando a parlare della realtà storica, non sono comunisti convinti, come nel caso delle foibe, nessuno ha mai avuto  il coraggio di trattare l’argomento scottante.

Sulle foibe tutti gli storici avevano dimenticato i fatti, ma subito dopo il testo, sulle foibe, di Gianpaolo Pansa, “sconosciuto 1945” molti si sono svegliati.

Oggi mi auguro che il testo “il sangue del sud” di Giordano Bruno Guerri, storico partigiano a favore dei vincitori,  possa quantomeno, mettere in allarme la cultura prezzolata e vile dei nostri storici e politici in generale.    

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