In fiamme portone dell’abitazione di un poliziotto, in aula: “C’erano stati altri danneggiamenti”

 
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Gela. Il rogo, risalente a quattro anni fa, danneggiò il portone di ingresso e il prospetto di un immobile, nel quale viveva un poliziotto, prima in servizio in città e poi a Niscemi. L’azione di fuoco, che ha dato vita al dibattimento, si registrò proprio a Niscemi. Secondo i pm della procura, l’incendio sarebbe stato materialmente appiccato da un gelese, Giuseppe Antonuccio, adesso a processo difeso dal legale Davide Limoncello. Questa mattina, davanti al giudice Fabrizio Giannola, sono stati sentiti altri agenti, uno dei quali intervenuto quella sera. Hanno ricostruito, in linea di massima, la scena che si venne a determinare, con i danni causati dalle fiamme. L’incendio sarebbe stato appiccato usando liquido infiammabile. Una scintilla avrebbe poi generato la vampata. Secondo gli inquirenti, si sarebbe trattato di un atto rivolto proprio al poliziotto. “Tra gli unici elementi riferiti – ha spiegato uno degli agenti – venne precisato che aveva avuto contrasti con l’ex moglie, a seguito della separazione”. Proprio il poliziotto, quando viveva a Gela, subì il rogo di una vettura. A Niscemi, invece, si era registrato l’incendio della saracinesca del garage. I testimoni hanno spiegato inoltre che dalle immagini dei sistemi di videosorveglianza si noterebbe un uomo, “in tuta e scarpe da tennis Nike”, scendere da un’utilitaria e tirare fuori un contenitore di plastica probabilmente con il liquido infiammabile.

“Aveva un naso molto pronunciato”, hanno detto. Un particolare che li spinse a non escludere che potesse trattarsi di un naso finto, usato per non consentire di individuare i veri tratti, “come quello di una maschera”. I testimoni hanno risposto alle domande del pm Gesualda Perspicace, del legale dell’imputato e dello stesso giudice. Altri testi saranno sentiti nel corso della prossima udienza.

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