Inchieste e ritardi, la Raffineria si ferma: si teme il blocco totale della fabbrica

 
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Gela. Un’unica caldaia rimasta in marcia, la centrale termoelettrica a potenza ridotta, una ferrea difesa impostata dai quadri della fabbrica che si sentono presi di mira dalle critiche di politica e media e la preoccupazione dei segretari sindacali del settore chimico.

Dal primo pomeriggio di ieri, la fabbrica Eni di contrada Piana del Signore marcia a scartamento ridotto e non si può neanche escludere il totale fermo. La scelta è stata comunicata alle rappresentanze sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl direttamente dall’amministratore delegato di raffineria Bernardo Casa.
“E’ stata avviata la fermata parziale per evitare un blocco di emergenza – fanno sapere dal gruppo – si tratta di un rallentamento degli impianti con la concreta ipotesi della fermata totale. Restano in marcia a regime ridotto la centrale termoelettrica e gli impianti utilities”.
Una doccia fredda soprattutto per i rappresentanti sindacali convocati dall’amministratore delegato Bernardo Casa. L’incendio nell’area dell’impianto coking 1 di due settimane fa e il successivo sequestro disposto dai magistrati della procura, i ritardi nella decisione dei magistrati del tar di Palermo sul ricorso presentato dai manager di raffineria contro le ulteriori restrizioni Aia, gli investimenti da settecentomilioni di euro fermi al palo. Ci sarebbe tutto questo dietro la decisione dello stop.
“Il quadro presentato è quello di una fermata che, essendo legata agli accertamenti disposti dalla magistratura, potrebbe avere dimensioni temporali non prevedibili – scrivono i segretari sindacali Gaetano Catania, Silvio Ruggeri e Francesco Emiliani – il che rischia di drammatizzare lo scenario di incertezza presente sul versante delle autorizzazioni propedeutiche al piano di investimenti per il rilancio del sito industriale. L’auspicio è che la pianificazione della lavorazione del greggio locale presso altri siti non determini le condizioni per un’ulteriore precarizzazione dei futuri assetti della raffineria”. Un ritratto a tinte fosche che, nelle ultime ore, si arricchisce anche dell’inedita, quanto preoccupata, presa di posizione dei quadri della fabbrica.
Amministrativi e tecnici della fabbrica di contrada Piana del Signore non ci stanno a passare per i responsabili dei mali addebitati alla presenza industriale in città. Non a caso, si sono riuniti in un’assemblea unitaria.
“Pensiamo che da troppo tempo – scrivono in una nota congiunta a conclusione della riunione – prevalgano meccanismi ripetitivi di una cultura antindustriale che trova spazio abbondante tra le pagine dei quotidiani e negli strumenti di comunicazione di massa. Questa cultura sta per prendere il sopravvento senza che voci critiche e riflessive si antepongano con argomenti e informazioni”.
Ma i quadri Eni non lesinano, pur senza nominarlo, aspre contestazioni davanti all’interrogazione parlamentare presentata dal deputato nisseno del Nuovo Centro Destra Alessandro Pagano tutta incentrata sull’incendio al coking 1.
“Troviamo scandaloso – continuano – che un esponente parlamentare della nostra provincia sfrutti gli eventi calamitosi che nelle realtà industriali possono accadere per dedurne, quasi fosse un teorema, una scarsa capacità gestionale, spingendosi anche a fornire una tempistica di spegnimento degli incendi. Ci disgusta l’accostamento tra l’alta responsabilità di parlamentare e la semplificazione, quasi fanciullesca, con cui si trattano temi di tale portata”.
Una presa di posizione, quasi inedita perlomeno negli ultimi anni, che si conclude con un monito lanciato proprio da funzionari e tecnici del sito produttivo. “Se prendono il sopravvento la dichiarazione, la percezione, l’accusa preconcetta, allora non ci sono armi logiche per contrastarle e oggi gli esempi di questa cultura stanno prevalendo”.
I rappresentanti di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e Ugl chimici hanno già convocato, per venerdì, un consiglio delle rsu di fabbrica per comprendere meglio il da farsi davanti ad ipotesi che non possono neanche escludere l’eventuale riattivazione della cassa integrazione. Un effetto a cascata che non potrà escludere neanche i tanti operai delle aziende dell’indotto. 

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