La carta bancomat e i furti di denaro, “gli usurai le avevano bruciato l’auto”: una donna condannata

 
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Immagini di repertorio

Gela. Una vicenda emersa nel corso dell’inchiesta “Inferis”, che portò all’arresto degli affiliati al gruppo del boss Peppe Alferi. Una carta bancomat sistematicamente sottratta ad un conoscente per effettuare prelievi di denaro. Il giudice Miriam D’Amore ha condannato la quarantatreenne Antonella Bignola. Un anno e sei mesi, con pena sospesa e non menzione, dopo il furto di oltre mille euro. Assolto, invece, Filippo Sciandrello, che per gli investigatori sarebbe stato un presunto complice. Ricostruzione esclusa dal giudice che ha emesso un verdetto favorevole, così come chiesto dal difensore di fiducia, l’avvocato Giovanni Cannizzaro. Anche il pubblico ministero Pamela Cellura, a conclusione della requisitoria, ha escluso il coinvolgimento di Sciandrello.

Il pm, invece, ha ritenuto pienamente provato il ruolo dell’imputata, indicando una condanna a quattro anni di reclusione. Il difensore, l’avvocato Davide Limoncello, ha però ricostruito l’intera vicenda partendo dalle minacce che la donna aveva già ricevuto, dopo essere finita in un giro di prestiti ad usura. Antonella Bignola venne coinvolta nell’inchiesta “Inferis”, ma fu assolta. “Quei prelievi – ha detto il legale – vennero effettuati perché aveva già subito minacce. Volevano i soldi e le avevano bruciato l’automobile”. Per il legale, quindi, l’imputata avrebbe cercato di avere la disponibilità di denaro, da girare poi agli usurai che la minacciavano. Alla fine, il giudice D’Amore ha emesso un verdetto di condanna meno pesante rispetto alle richieste d’accusa.

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