Mafia e appalti, l’imprenditore Brunetti: “Ho pagato per lavorare”

 
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Gela. Sarebbe stato travolto da un vortice, fatto di stretti rapporti fra politica locale, imprenditoria e organizzazioni criminali.

Per questa ragione, i magistrati catanesi hanno voluto ascoltare, in qualità di testimone, l’imprenditore Angelo Brunetti, proprietario dell’azienda Sicilsaldo. Il fondatore della nota società locale, ormai presente anche fuori dai confini italiani, ha deposto durante un’udienza del maxi processo Iblis: scaturito dal blitz che ha condotto, fra le altre cose, all’arresto di diversi amministratori locali della provincia di Catania.
“Ho pagato – ha detto davanti al pubblico ministero Agata Santonocito – per evitare qualsiasi problema”. Brunetti, così, ha ricordato i primi grossi appalti assegnatigli, quasi quattordici anni fa, dagli amministratori del comune di Palagonia.
Proprio il primo cittadino del centro etneo, stando alle dichiarazioni rese dall’imprenditore, lo avrebbe costretto, in cambio dei lavori, ad utilizzare solo imprese locali per gli eventuali subappalti.
“Fin dal primo cantiere, quello per l’acquedotto – ha confermato Brunetti – il sindaco Salvino Fagone mi aveva detto che dovevo rivolgermi a ditte e personale del luogo, anche se noi avevamo tutte le attrezzature”.
Tre commesse da diversi milioni di euro, così, presero la strada della Sicilsaldo. L’imprenditore, in ogni caso, avrebbe dovuto fare i conti con nuove richieste di denaro.
Una fattura “extra”, da circa 200 milioni delle vecchie lire, gli sarebbe stata recapitata dai funzionari dell’azienda edile gestita da Franco Costanzo, già condannato a vent’anni di reclusione con l’accusa di associazione mafiosa. Brunetti, però, dopo un colloquio con lo stesso Costanzo, avrebbe chiuso la questione versando solo 50 milioni: secondo i magistrati, denaro necessario per “mettere a posto” la Sicilsaldo.
Durante la sua audizione, l’imprenditore ha richiamato un altro versamento, questa volta da circa 60 mila euro, destinato all’esponente del clan Santapaola Alfio Mirabile.
L’interessamento del gruppo di Cosa nostra catanese sarebbe stato dimostrato dagli incontri richiesti dai boss Angelo Santapaola ed Enzo Aiello. In udienza, sono state mostrate alcune foto che ritraevano Brunetti, ospite di una festa privata organizzata proprio da Francesco Costanzo. Secondo il pubblico ministero Agata Santonocito, sarebbero intercorsi rapporti d’affari anche con il presunto boss della zona Rosario Di Dio, fra gli imputati chiamati alla sbarra.
In questo caso, i collegamenti si legavano al settore vitivinicolo. I prodotti realizzati nell’azienda gestita da Maria Grazia Di Francesco, moglie dell’imprenditore Brunetti, sarebbero stati distribuiti tra gli scaffali dell’area di servizio intestata a Rosario Di Dio.

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