“Omicidio fu un dramma per la nostra famiglia”, in aula i figli di Failla

 
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Gela. Hanno escluso che si possa essere trattato di una ritorsione ai danni del padre. In aula, questa mattina, davanti ai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta hanno parlato i figli di Giuseppe Failla, titolare di un bar in centro storico, che fu ucciso nella sua attività, trentaquattro anni fa. I familiari di Failla sono parti civili, costituiti con il legale Giovanni Bruscia. Quell’agguato segnò le loro vite, costringendoli a prendersi carico di tutta la famiglia, anche per un sostegno economico. Erano ancora molti giovani quando il padre venne ucciso. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, che ricostruirono i fatti ad anni di distanza, ad agire sarebbe stato un commando di mafia, autorizzato dai vertici provinciali di Cosa nostra. Cataldo Terminio, imputato per l’omicidio, si sarebbe voluto vendicare per l’uccisione del padre. Una vendetta contro i Cerruto di San Cataldo. Failla pare fosse ritenuto amico proprio della famiglia dei Cerruto. I figli, in aula, hanno parlato di un uomo estraneo a dinamiche mafiose. “Una persona perbene”, così hanno detto. Uno dei dipendenti del bar, quando trovò il cadavere, avvisò i carabinieri, che avviarono subito le indagini. Furono effettuati i rilievi tecnici, come ha spiegato un miliare dell’arma che se ne occupò. Oltre a Terminio, dell’omicidio rispondono il boss Giuseppe Madonia, Angelo Palermo e Angelo Bruno Greco.

L’omicidio fu ricostruito dai pm della Dda e dai carabinieri del Ros. Si è arrivati ai quattro imputati anche sulla base di quanto dichiarato da storici collaboratori di giustizia, ex vertici di Cosa nostra provinciale. Gli imputati sono rappresentati dai legali Flavio Sinatra, Sergio Iacona, Michele Micalizzi, Cristina Alfieri ed Eliana Zecca.

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