Omicidio Mendola, definitiva condanna per uno dei killer: Cassazione annulla per Lembo

 
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Matteo Mendola ucciso nei boschi di Pombia

Novara. E’ definitiva la condanna a trenta anni di reclusione per Angelo Mancino, accusato dell’omicidio del gelese ventottenne Matteo Mendola, ucciso nei boschi di Pombia, in provincia di Novara. La decisione è stata emessa dalla Corte di Cassazione, che invece ha annullato con rinvio la condanna per l’altro coinvolto, Antonio Lembo. In quest’ultimo caso, la sua posizione dovrà essere rivalutata dai giudici della Corte d’assise d’appello di Torino, almeno rispetto all’entità della pena. Anche per Lembo, che dopo l’arresto ammise i fatti, in primo e secondo grado era stata disposta la condanna a trenta anni di detenzione. Il difensore, l’avvocato Gabriele Pipicelli, ha però proposto ricorso in Cassazione, facendo riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e proprio questo aspetto ha convinto i giudici romani, che hanno rimesso il caso nuovamente alla Corte d’assise piemontese. Mendola, secondo quanto venne ricostruito dai pm della procura di Novara, sarebbe stato attirato in una trappola. Lembo e Mancino avevano già in programma di eliminarlo e lo portarono in quei boschi, nei pressi di un capannone abbandonato, dove il corpo venne ritrovato. Fu raggiunto da colpi di pistola e poi finito con una vecchia batteria di auto, usata per fracassargli la testa. In base alle indagini, sarebbe stato l’imprenditore edile Giuseppe Cauchi a dare l’ordine ai due killer. Anche lui gelese e trapiantato nel nord Italia come Mendola, secondo gli inquirenti avrebbe deciso di punire la vittima, che intanto reclamava per ottenere un credito vantato dai suoi familiari.

Cauchi (difeso dagli avvocati Flavio Sinatra e Cosimo Palumbo) è però stato assolto dalla Corte d’assise di Novara e si attende la fissazione del giudizio di appello, dopo il ricorso presentato dai pm. La famiglia di Mendola è parte civile in tutti i procedimenti che sono partiti dopo l’omicidio.

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