Rapina all’ufficio postale di Settefarine, uno dei minori sparò: “Poteva essere una tragedia”

 
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L'intervento dei carabinieri a Settefarine

Gela. Per i carabinieri che condussero le indagini, scattate subito dopo la rapina all’ufficio postale di Settefarine, quell’azione poteva avere conseguenze tragiche. Uno dei minori infatti sparò con una pistola calibro 7,65. L’arma aveva la matricola abrasa. E’ stato riferito, questa mattina, nel corso dell’istruttoria dibattimentale che si tiene davanti ai giudici del tribunale minorile di Caltanissetta. Sono due i giovani a processo, entrambi minori al momento dei fatti. Arrivarono a Settefarine in sella ad uno scooter, successivamente abbandonato durante la fuga. Il colpo esploso andò ad infrangersi contro il plexiglas di protezione dell’ufficio postale. C’erano diversi avventori e per l’ufficiale dei carabinieri, chiamato a testimoniare, il proiettile, magari di rimbalzo, avrebbe potuto colpire qualcuno. Inoltre, è stato confermato che si arrivò all’identificazione analizzando le immagini di un sistema privato di videosorveglianza che riprese i due, intenti a spogliarsi. Lasciarono i passamontagna e le tute mimetiche che indossavano. Tracce di dna furono accertate proprio nei passamontagna.

Gli imputati, difesi dall’avvocato Davide Limoncello, ammisero di aver colpito già durante gli interrogatori successivi agli arresti. Nell’ufficio postale entrarono armati, non solo con la pistola ma pure con un fucile ad aria compressa. Nel corso degli interrogatori, spiegarono di averlo fatto per i soldi che pare fossero necessari a riparare lo scooter che usavano e per acquistarne uno nuovo. Negarono altri piani per azioni simili. In aula, si tornerà ad aprile.

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