San Leucio, progetto popolare di avvio alla sartoria partenopea

 
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Festa in San Leucio, foto tratta da: http://www.repubblicanapoletana.it/leucio.htm

Gela. Perché continuiamo a trattare l’argomento della questione meridionale, impegnando possibilmente gli uomini onesti, che credono nei valori della nostra antica cultura meridionale?
Noi nel 1860 siamo stati colonizzati dai tosco-padani con una guerra non dichiarata ma, voluta dalla massoneria nordista, guidata dagli inglesi e francesi per il dominio del mediterraneo. Finalmente si stava aprendo il canale di Suez e il traffico marittimo commerciale avrebbe coinvolto il mediterraneo e il Regno delle due Sicilie che in quel momento storico, quale potenza dominante, controllava il mare nostro, così chiamato dai romani. L’invidia dei francesi e degli inglesi che stavano penetrando nel mediterraneo gli uni con Malta e l‘isola Ferdinandea sorta nei pressi della Sicilia e la Francia già in possesso della Corsica poi con Nizza, la Savoia e la provincie circostanti, pretendevano il controllo del mare.
Siccome la tradizione storica di questi ultimi cento cinquanta anni ci ha tramandato con la storia dei vincitori Piemontesi l’annullamento totale della nostra cultura, della nostra dignità di esseri umani, definendoci briganti, incolti e morti di fame, vogliamo soltanto che il popolo meridionale prenda coscienza della realtà storica e la smettiamo di assistere quotidianamente a delle trasmissioni televisive che mettono in evidenza la bontà dei bovari nordisti che con sacrifici ci hanno mantenuto e continuano a mantenerci tutt’ora.
L’occasione ci viene offerta dal reddito di cittadinanza, proposto dal Movimento 5 stelle, strumentalizzato dagli uomini del nord con la frase abominevole di sostenere persone non abituate a lavorare preferendo aspettare che il mangiare caschi dal cielo o ci venga offerto dai ladri settentrionali.
Noi ci proponiamo di mettere in evidenza qualche eccellenza del Regno duo Siciliano, per dimostrare che i morti di fame erano i Piemontesi con tutte la regioni del nord, mentre nel meridione non era conosciuta l’emigrazione. Giosuè Carducci, mangiava la specialità Toscana, “l’acquacotta”, accompagnato dai tordi e dal vino rosso. In questa fase vogliamo descrivere la repubblichetta di San Leucio, situata su una altura nei pressi di Caserta. Il re Ferdinamdo di Borbone, vi soggiornava nel periodo della caccia e dopo la morte nel 1778 del suo primogenito Carlo Tito, per ricordarne la memoria, pensò di fondare una “una casa di educazione” per i piccoli della casina e una manifattura di veli di seta che ebbe il suo primo sviluppo nel 1786 sotto la guida dell’architetto Francesco Collecini che completò l’opera con fabbricati, alloggi e macchinari. L’opera ottenne consensi, elogi e ammirazione anche dagli stranieri, tanto che il cavaliere Domenico Cosmi fece stampare a Napoli un documento dal titolo “Componimenti poetici per le leggi date alla nuova popolazione di San Leucio da Ferdinando IV re delle Sicilie”.
Senza soffermarci sull’ignoranza del re, lamentata da lui stesso, ai giovani appena sposati, veniva data una casa popolare, con tutti i requisiti necessari per il vivere civile.
Sono i primi esempi di case popolari in Europa ma non hanno niente a che vedere con quelle costruite dallo stato moderno sprovviste dei servizi essenziali quali l’acqua corrente nelle abitazioni. Erano proprio i coloni le maestranze specializzate, che prima studiavano e imparavano il mestiere e poi venivano impiegati all’interno del ciclo produttivo, dall’allevamento del baco da seta alla realizzazione dei tessuti per la produzione di preziosi lavorati. Tra questi il damasco Lampassi, l’organza, il taffetà, i liserì, i rasi, i broccati ed altri di gran moda che guadagnarono l’ammirazione della nobiltà europea, funzione importante ebbe la sartoria partenopea.
Questa delle case popolari, fu una consuetudine mantenuta dalla dinastia dei re Borboni, infatti nel 1847 Ferdinando II costruì intorno alle saline di Barletta, ai piedi del Gargano, una colonia agricola che chiamò San Ferdinando, fornì alle famiglie il terreno agricolo, i capitali necessari, le case attrezzate, tutto a spese dello Stato, compresi terreni necessari per l’espansione della colonia. Altra cosa importante era la pulizia sia del luogo di lavoro che nelle abitazioni, dove si imponeva la raccolta differenziata che gli igienisti nordisti si vantano di fare e in percentuale superano al meridione che hanno colonizzato. Il lavoro, per i Borboni, era considerato l’elemento essenziale della vita civile e da allora il moderno aforismo “chi non lavora non mangia”.

Oggi dopo avere scippato, cancellata la storia, la dignità, il progresso del popolo duo Siciliano, ci presentano le statistiche dell’arretratezza, del feudalesimo, della ignoranza, della miseria del popolo meridionale, colpa antropologica del meridionale abituato a non lavorare e vivere alle spalle dei nordisti. Quanto ancora dobbiamo sopportare questo comportamento arrogante di uomini inutili che si sono arricchiti scippando le nostre ricchezze?
Perché non possiamo fare emergere questa realtà mistificata dai tosco padani?
Sono cose vecchie che oggi sono sbiadite e noi animali da soma non riteniamo mettere alla luce per non dispiacere i probi nordisti e continuiamo a muoverci con la schiena piegata e l’ipocrisia degli uomini di cultura meridionali asserviti alla vigliaccheria settentrionale figlia del ladrocinio, della miseria e dall’ignoranza?. Nel 1859 quando il Regno delle due Sicilie era la terza potenza mondiale, loro vivevano nella miseria assoluta, non conoscevano la ferrovia, non avevano nessuno sviluppo nella navigazione, nell’industria, non conoscevano la raccolta differenziata, l’acqua potabile nelle abitazione, il bidè conosciuto in molte abitazioni nobili del regno duo Siciliano. Oggi sono riusciti ad ammaestrarci come degli animali da soma bloccando ogni iniziativa di sviluppo nel nostro territorio e tutte le infrastrutture. Oggi litigano per la TAV, per il TAP e appoggiati dai governanti che si sono susseguiti, nel nostro territorio, con la logica che tutto ciò che è necessario al nord è superfluo al sud, come Benedetto Croce, Salvatore Aldisio, Rosario Crocetta e non ultimo il Presidente della Repubblica Italiana unita Mattarella (solo per ricordare quelli a noi vicino).
Noi, infine, continuiamo a vergognarci di parlarne e viviamo ipocritamente sostenuti dai nostri uomini con grandi titoli, con tante onorificenze ma eternamente ipocriti e disonesti.
San Leucio, una delle tante industrie del meridione che occupava più di 1.000 operai, fu come tutte le altre saccheggiata e chiusa per dare spazio alle industrie del nord di progredire e svilupparsi così il Regio Arsenale di Castellammare di Stabia,il Real opificio di Pitrarsa, il Villaggio Siderurgico di Mongiana e tante altre eccellenze che avremo modo di trattare, sono state cancellate sulla scia di quanto fatto con le banche del sud.

1 commento

  1. Trovo autolesionistica la strategia di voler riscattare l’orgoglio dei popoli meridionali – “duosiciliano”, come è noto, è solo un brutto neologismo, perché non solo i siciliani ma anche i calabresi avevano con Napoli un rapporto molto conflittuale – spargendo fole facilmente confutabili. Sorvolo sulla definizione del regno borbonico come “terza potenza mondiale” nel 1859 sulla base di non si sa quali criteri perché palesemente incredibile. Quanto alla “conoscenza” delle ferrovie, nel 1859 la rete ferroviaria nei “domini al di qua del faro” era lunga 126 km e al di là non ve n’era un metro; nel Lombardo-Veneto la rete era estesa 522 km, nel Granducato di Toscana 257, nel Regno di Sardegna 819 e perfino negli Stati pontifici raggiungeva 101 km. Un indicatore economico fondamentale, quale il livello del commercio estero pro-capite, risultava pari a quella data a ducati 5,52 nel regno borbonico contro i ducati 9,06 degli stati del papa, gli 11,03 del Lombardo-Veneto, i 31,70 della Toscana, i 40,13 degli stati sardi. Non proseguo per non essere pedante ma sarebbe bene evitare di inseguire chimere.
    P.S. Maganuco sa che il codice leuciano, che lo manda in sollucchero, fu redatto da Antonio Planelli che – orrore, orrore! – era massone?

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