Sanità cittadina afflitta dai tagli, Cgil: “Sit-in per il diritto alla salute”

 
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I vertici territoriali della Cgil

Gela.  La Cgil domani, davanti all’ospedale “Vittorio Emanuele”, sarà in sit-in insieme ad associazioni, partiti e comitati di quartiere, per rivendicare il diritto ad una sanità pubblica rafforzata e ad un sistema locale efficiente. Il segretario confederale Rosanna Moncada e la componente della segreteria Cgil con delega alla sanità Francesca Nigro, rimarcano le ragioni della scelta di avviare una vertenza a livello locale. “Abbiamo voluto organizzare due manifestazioni sia a Gela (il 21 giugno) che a Caltanissetta (il 22 giugno) in difesa della sanità pubblica in linea con la manifestazione nazionale che la CGIL organizzerà a Roma il prossimo 24 Giugno perché per noi è fondamentale riportare a livello
territoriale il problema della salute e della mancanza di cura. Le gravi criticità del nostro sistema sanitario investono tutto il Paese, ma le forze sociali, che si
collegano e rappresentano un territorio hanno il dovere di chiedere l’unitarietà dei livelli di assistenza, l’equità d’accesso ai servizi per tutti i cittadini e la solidarietà fiscale quale forma fondamentale di finanziamento del sistema per dare concretezza a quanto sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Sono tantissime le persone che devono fare i conti ogni giorno con liste di attesa infinite, che hanno
difficoltà enormi ad accedere alle cure e che, per potersi curare, spesso sono costrette ad andare in un’altra regione o a rivolgersi alla sanità privata, se possono permetterselo. Non è concepibile dover aspettare 6 mesi per un’ecografia o non potersi curare perché non si hanno i soldi per poterlo fare, ed è inaccettabile l’idea che le risorse del PNRR, che vanno investite in ospedali e case della comunità, faranno nascere strutture che rimarranno vuote perché non si assume
personale, con l’inevitabile rischio che la gestione di queste strutture e dei servizi venga affidata ai privati. Per non discutere poi dei fondi, dei soldi stanziati dal governo nazionale, per recuperare le prestazioni sanitarie saltate durante la pandemia che ad oggi in Sicilia sono stati utilizzati per appena il 27,5%, rimanendo i restanti fondi inutilizzati nei cassetti delle aziende sanitarie; la Sicilia
è la terzultima fra le regioni italiane per i fondi spesi. Con i 40,2 milioni assegnati dovevano essere recuperati 34.106 interventi, 360.000 screening e
130.000 visite ed esami. Ma le percentuali di recupero si attestano tra il 40% e il 60%; 29 milioni di euro non spesi fino al 2022 e altri 11 milioni della nuova programmazione. Ci verrebbe da chiedere come nello specifico l’Asp di Caltanissetta si sia adoperata in tal senso, ma considerati i disservizi quotidianamente lamentati dai cittadini e le statistiche riportate ovunque
sulle liste d’attesa, sui tempi medi per l’accesso alle prestazioni sanitarie, “la risposta ce la siamo già data”, scrivono in una nota le esponenti Cgil.

“Ma non è più il tempo di fare solo polemica e, come sempre abbiamo sostenuto, siamo disponibili insieme a tutte le forze sociali a chiedere un confronto per trovare e proporre soluzioni, con lo scopo unico di garantire il Diritto alla salute in tutto il territorio, senza distinzioni tra Nord e Sud della nostra provincia. Molteplici sono le criticità a livello territoriale, sia nei due P.O. maggiori, sia nei Distretti minori, che affliggono la nostra sanità, dalla atavica carenza di personale, che si vede costretto a turni di servizio massacranti, e che di certo l’approvazione delle prestazioni aggiuntive, non può pensarsi come una soluzione, poiché non rende il carico di lavoro meno gravoso per il professionista, alla questione relativa alla stessa gestione delle risorse e organizzazione del lavoro. Quest’ultimi problemi in particolare e come spesso denunciato, rappresentano il “tallone di Achille”
della nostra Asp, con inevitabili ripercussioni non solo all’interno dei reparti ma con conseguenti ricadute drammatiche sull’efficienza del servizio. A tal riguardo diversi sono i casi di personale infermieristico ed OSS trasferito a Mussomeli, Riesi, Mazzarino e Niscemi, senza che si sia tenuto conto delle dotazioni organiche approvate dalla Regione e dalla stessa Asp, senza che ci sia preoccupati di quali ricadute tali atti avrebbero avuto sulla funzionalità del servizio, e sulla qualità; tale atteggiamento sembra rispondere più a mere logiche di libero mercato (vige un accordo sulla mobilità interna mai applicato), che a logiche di miglioramento e garanzia dei servizi. Ma su questo argomento che, assume diverse sfaccettature, e ,aggiungiamo, sulle tante brutture amministrative, porteremo avanti interventi che mireranno ad esigere trasparenza e procedure legittime anche e soprattutto per valorizzare il buon operato di chi prova a svolgere il proprio lavoro. Prioritario è poter continuare a garantire i principi fondamentali su cui si basa il SSN dalla sua
istituzione, avvenuta con la legge n.833 del 1978, e cioè “l’universalità, l’uguaglianza e l’equità”. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Ma siamo realmente tutti uguali di fronte alla salute? No, non lo siamo dal Nord al Sud della nazione e non lo siamo nemmeno a livello territoriale, e le
politiche messe in atto negli ultimi anni e in particolare dal nuovo governo, vedasi “il decreto Calderoli sull’autonomia differenziata”, sono esaustive in merito alle risposte di chi ci governa su tali problematiche. Oggi più che mai il diritto alla salute, alle cure, è in pericolo, ed è arrivato il momento di scendere in piazza per “urlare” che la sanità è un bene comune e rappresenta la più grande infrastruttura
civile del Paese, presidio di coesione sociale ed unità nazionale. Serve una presa di coscienza da parte di tutta la società civile, sindacati, associazioni, comitati di
quartiere, per impedire l’avanzata di questo processo di impoverimento dei servizi e di desertificazione sanitaria, per arrestare la mobilità passiva, l’esodo verso il privato, ed è per questo, lo ribadiamo a gran voce, che bisogna scendere in piazza: “Perché è il tempo di fare tutti la nostra parte e il tempo che chi ci governa prenda coscienza delle responsabilità che ci si assume quando si parla e si agisce per conto delle persone”. Noi il 21, il 22 e il 24 Giugno rivendicheremo il diritto alla salute sancito dalla Costituzione. La Costituzione va attuata e non stravolta.

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