“Scontro tra clan sulle estorsioni”: blitz “Tetragona”, condanne per 160 anni

 
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Gela. “Vent’anni di storia criminale caratterizzati da una continua contrapposizione tra la
famiglia Rinzivillo e quella degli Emmanuello. Il punto di svolta, anche nella guerra per il controllo

delle estorsioni, fu la morte di Daniele Emmanuello, l’unico a saper assicurare l’unità tra le famiglie”. Il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta Gabriele Paci ha concluso una dura requisitoria durata circa quattro ore, chiedendo la condanna al carcere, per oltre centosessant’anni, nei confronti di quattordici imputati, tutti accusati d’estorsione, mafia e traffico di droga sull’asse Gela-Genova-Busto Arsizio.
Solo due le assoluzioni indicate dal pm. Il dibattimento davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Manuela Matta e Vincenzo Di Blasi, è scaturito dalla maxi inchiesta antimafia “Tetragona”.
“Il maggiore contrasto tra le due famiglie – ha spiegato il pm – si manifestò nella gestione delle estorsioni ai danni dell’imprenditore Emanuele Mondello. Gli Emmanuello cercarono di spodestare i Rinzivillo. In ogni caso, per evitare di perdere l’azienda, Mondello scelse di pagare, pagò anche la stidda. E’ da escludere, però, che i patrimoni di quest’imprenditore si siano sviluppati grazie ai rapporti con le organizzazioni criminali”. Così, il pm ha chiesto la condanna a 17 anni e 6 mesi di reclusione per Pietro Caielli, 16 anni e 12 mesi per Emanuele Monachella oltre a 2 anni relativi a reati di droga, 16 anni e 6 mesi per Aldo Pione, 16 anni e 4 mesi per Armando D’Arma, 16 anni per Claudio Conti, 13 anni e 4 mesi per Salvatore Burgio, 12 anni e 6 mesi per Giuseppe Piscopo, 11 anni per Giuseppe Truculento, 10 anni e 6 mesi per Alessandro Farruggia, 10 anni per Sebastiano Pelle, 9 anni per Nunzio Cascino, 5 anni e 2 mesi per Angelo Greco, 3 anni per Fortunato Ferracane, 2 anni e 6 mesi per Marcello Sultano. L’assoluzione, infine, è stata chiesta per i collaboratori di giustizia Rosario Trubia e Nunzio Licata.
Come indicato da alcuni difensori degli imputati, le richieste di condanna prevedono anche la continuazione con precedenti decisioni ai loro danni. L’attenzione del magistrato della Dda nissena, inoltre, si è concentrata sulla posizione dell’anziano geometra Salvatore Burgio, ritenuto decennale tramite tra clan e imprenditori costretti a pagare.
“Il suo studio tecnico – ha detto il magistrato – era diventato una vera sala operativa della mafia”. Nel corso della requisitoria, è emersa la volontà di un possibile sequestro ai danni di uno dei familiari dei fratelli Brigadeci, imprenditori impegnati soprattutto nel settore delle macchine da gioco. Le contestazioni mosse dall’accusa, però, hanno ricevuto immediata risposta da due legali di difesa, ovvero gli avvocati Giacomo Ventura e Flavio Sinatra che hanno concluso subito dopo l’intervento del pm.
“Il ruolo di Emanuele Monachella – ha detto proprio Ventura – è stato erroneamente legato a quello di Vincenzo Morso. Si disse che erano un’unica cosa. E’ un grosso errore anche perché Monachella ha subito diversi periodi di detenzione che non gli potevano consentire di essere sempre presente come, invece, indicato dai collaboratori di giustizia”. Le conclusioni sono state presentate anche dai legali di parte civile che rappresentano diversi imprenditori estorti, compreso lo stesso Mondello, l’ente comunale e le associazioni antiracket oltre a Confinduatria. Nel corso delle prossime udienze, spetterà agli altri difensori concludere per conto dei loro assistiti.

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