Soldi dagli imprenditori per non usare documenti “delicati”, c’è il giudizio: testimoni in aula

 
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Immagini di repertorio

Gela. Secondo la procura avrebbe esercitato presunte pressioni su uno degli imprenditori del gruppo Brigadieci, che tra le altre attività in città porta avanti la sala cinematografica. Contestazioni che hanno condotto a processo Emanuele Di Stefano, già condannato in secondo grado per i fatti dell’inchiesta “Samarcanda”. In base alle contestazioni che gli vengono mosse, avrebbe chiesto denaro per non usare documenti in suo possesso che avrebbero potuto nuocere alle attività economiche degli imprenditori. Di Stefano ne risponde davanti al giudice Serena Berenato. Sono stati sentiti, in aula, come testimoni, sia un consulente del lavoro che opera per le società degli imprenditori sia un ex dipendente di una sala slot, altro ambito nel quale erano presenti i Brigadieci. Il consulente, rispondendo alle domande delle parti, ha ricordato richieste economiche assai elevate formulate da Di Stefano. Secondo la difesa, sostenuta dal legale Davide Limoncello, le uniche richieste sarebbero state avanzate solo per il rapporto di lavoro che era perdurato nel tempo. Uno degli imprenditori è parte civile nel procedimento, assistito dall’avvocato Liliana Bellardita. In passato, gli imprenditori e l’attuale imputato furono coinvolti in un un altro procedimento penale, scattato dalle segnalazioni di ex dipendenti di una sala giochi.

Si contestavano condizioni di lavoro non in regola e l’ipotesi di estorsione. Di Stefano venne assolto mentre arrivò la condanna, in primo grado, per gli imprenditori, poi assolti in appello.  Rispetto al giudizio in corso, invece, per l’accusa l’imputato avrebbe tentato di avere il denaro arrivando a minacciare una possibile testimonianza di comodo contro gli imprenditori. Di Stefano sarà sentito nel corso della prossima udienza.

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