Un gruppo edile sotto scacco, soldi a cosa nostra e stidda: scattano tre condanne

 
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Gela. Dieci anni di richieste di denaro ininterrotte ai danni di un gruppo edile locale. In tre patteggiano. Alla fine, in tre hanno deciso di patteggiare la pena. Si tratta di Vincenzo Gueli, Enrico Maganuco e Salvatore Cannizzo. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta li accusavano di aver estorto denaro per conto dei clan. Tre mesi di reclusione per Vincenzo Gueli e Salvatore Cannizzo; sei mesi, invece, per Enrico Maganuco. A scegliere di patteggiare, in continuazione con precedenti sentenze dello stesso tipo, sono stati i loro difensori di fiducia. Gli avvocati Giacomo Ventura, Antonio Gagliano e Vincenzo Vitello hanno optato per una soluzione difensiva che ha permesso ai loro assistiti di limitare i danni. Verranno giudicati con l’abbreviato, invece, altri tre imputati. Gli attuali collaboratori di giustizia Crocifisso Smorta, Gianluca Gammino e Marcello Orazio Sultano sono a loro volta accusati di aver preso di mira l’azienda edile con l’obiettivo di estorcere denaro. Il giro d’affari del gruppo avrebbe fatto gola sia a cosa nostra che alla stidda. Non a caso, a giudizio sono finiti affiliati e ex esponenti dei due gruppi che si contendevano la piazza cittadina. A pronunciare le condanne è stato il giudice dell’udienza preliminare del tribunale nisseno David Salvucci. La pressione mafiosa sugli imprenditori sarebbe durata per anni, al punto da convincerli a denunciare. Così, scattarono le indagini avviate dalle forze dell’ordine e finite al centro del procedimento. A dare il via libera all’estorsione sarebbero stati i vertici dei clan di cosa nostra e stidda. Elementi d’accusa che sono confluiti nel procedimento penale, adesso conclusosi per i tre condannati.

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