Vicino ai clan, “la condanna a Missuto è da confermare”

 
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Gela. La condanna a nove anni e sei mesi di reclusione è da confermare. La richiesta è arrivata dalla procura generale, nei confronti dell’imprenditore trentottenne Sandro Missuto. Un verdetto analogo, quindi, a quello di primo grado, impugnato però dalla difesa dell’imputato. Per i magistrati, sarebbe stato lui il riferimento economico del gruppo di cosa nostra locale, facendo da tramite anche con altri imprenditori da sottoporre alle richieste dei clan. Una ricostruzione negata dalla difesa, sostenuta dall’avvocato Roberto Tricoli, che ha ribadito come Missuto e la sua famiglia fossero vittime delle imposizioni mafiose. I clan, in passato, avrebbero più volte preso di mira le aziende del gruppo, impegnate nel settore edile e delle forniture di inerti e calcestruzzo.

La presunta vicinanza ai clan. L’accusa, invece, ritiene che la sua vicinanza a cosa nostra l’avrebbe avvantaggiato, consentendogli di ottenere importanti appalti, anche in altre zone della Sicilia. La richiesta di condanna è stata formulata dai legali di parte civile, a cominciare dall’avvocato Nicoletta Cauchi, che rappresentano le aziende danneggiate dalle presunte imposizioni mafiose.

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