“Non c’è ancora un pieno ravvedimento”, no a libertà condizionale per Celona

 
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Immagini di repertorio

Gela. Non c’è ancora un completo “ravvedimento” rispetto al suo passato, intrecciato al clan di Cosa nostra locale, anche per omicidio. La Corte di Cassazione ha confermato, con motivazioni pubblicate, l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma che ha negato la liberazione condizionale al cinquantaduenne Angelo Celona, che dopo il suo trascorso nel clan, iniziò a collaborare con la giustizia. Il tribunale di Roma, con due diverse ordinanze, ha escluso il beneficio per Celona. Decisione che è stata confermata anche dopo un primo annullamento della Cassazione. La difesa del cinquantaduenne si è di nuovo rivolta ai giudici, che però hanno confermato la legittimità di quanto deciso dal tribunale romano. Celona ha scelto di lasciarsi alle spalle il passato di mafia e ora lavora regolarmente. La difesa ha ritenuto che ci siano tutti i presupposti, anche per la collaborazione fornita ai magistrati, per assicurargli la libertà condizionata. Per i giudici di Cassazione, però, la richiesta non può essere accolta, così come già indicato dal tribunale capitolino. “Il Tribunale di sorveglianza, con il provvedimento impugnato in questa sede, ha correttamente osservato che anche l’art. 16-nonies della legge n.82 del 1991 richiede inderogabilmente, per la applicazione del beneficio della liberazione condizionale, che il ravvedimento sia sicuro, ossia appaia certo o quanto meno altamente probabile il reinserimento del condannato nel tessuto sociale, con esclusione del pericolo di recidiva”, si legge nelle motivazioni riportate dalla Cassazione. Anche la procura nazionale antimafia aveva dato parere negativo alla libertà condizionata.

“Il Tribunale di sorveglianza ha aderito al parere del Procuratore nazionale antimafia che aveva segnalato che il Celona, pur conducendo una vita regolare ed avendo trovato occupazione come cuoco, non ha completato il suo percorso di rieducazione, poiché non ha compiuto alcuna attività volta a porre rimedio al male cagionato con i delitti da lui commessi”, è riportato nella decisione di Cassazione. La difesa di Celona ha invece sottolineato che ci sono stati atti volti anche a riparare le gravi azioni criminali commesse in passato. La Cassazione, ritenendo valido quanto già deciso dal tribunale di Roma, ha disposto di rigettare il ricorso.

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