Confessarono gli omicidi Ministeri e Saffila, due pentiti condannati per omicidio

 
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Gela. La Cassazione ha posto fine all’indagine dell’omicidio del barista Rosario Ministeri, ucciso davanti il suo locale di Caposoprano il 20 dicembre del 1996 e dell’operaio ennese Francesco Saffila.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza di secondo grado per i collaboratori di giustizia Carmelo Massimo Billizzi e Francesco Sarchiello. Billizzi, difeso dall’avvocato Vania Giamporcaro, è stato condannato a 7 anni e 8 mesi per l’uccisione di Franco Saffila. Dovrà scontare una pena complessiva di 14 anni, invece, Francesco Sarchiello, accusato sia per l’omicidio di Saffila che per quello di Rosario Ministeri. La Cassazione lo ha giudicato inammissibile. Sarchiello si è autoaccusato dell’omicidio Ministeri, dando una svolta alle indagini. Inizialmente i fratelli Celona e Nunzio Licata (pentiti) avevano puntato il dito su Ascia ed un minore, all’epoca sedicenne. Fu Carmelo Billizzi il primo a fornire una versione diversa, confermando la presenza di Ascia, ma non quella di G.B. E’ stato Sarchiello a chiudere il cerchio, autoaccusandosi di quel delitto. L’omicidio del barista venne decretato dall’allora boss emergente Emanuele Trubia: la vittima era accusato di aver mantenuto rapporti con Salvatore Trubia, fratello di Emanuele, che, però, aveva scelto di collaborare con la giustizia. Sarchiello aveva affiancato il killer Giovanni Ascia, assolto in primo grado. Ma Francesco Sarchiello avrebbe fatto parte anche del gruppo che uccise l’ennese Franco Saffila, trovato cadavere nelle campagne di Aidone. A freddarlo fu Carmelo Billizzi mentre Sarchiello tentò di eliminare a pistolettate il figlio naturale della vittima, che rimase illeso. Saffila venne ucciso solo perchè non piaceva a Gabriele Stanzù, vicino ai gruppi mafiosi di Enna. Stanzù chiese al boss latitante Daniele Emmanuello l’appoggio di un gruppo di fuoco direttamente da Gela per far fuori il suo obiettivo. Emmanuello, infatti, aveva intenzione di stringere rapporti con la mafia ennese e con lo stesso Stanzù che, peraltro, aveva a disposizione diversi immobili nella zona di Messina. Francesco Sarchiello lasciò però Cosa nostra e il gruppo criminale di Emmanuello, trasferendosi nel nord Italia. Confermati i risarcimenti alle nove parti civili.

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