Confisca Cascino, verrà appellata: difesa: “Beni leciti come stabilito dalle sentenze”

 
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Sotto confisca anche la riserva di caccia e le attività di ristorazione avviate nell'ennese

Gela. La confisca di beni per un totale complessivo di quattro milioni di euro verrà impugnata davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. I legali del commercialista Salvatore Cascino, raggiunto dalla decisione del tribunale delle misure di prevenzione nisseno, stanno predisponendo gli atti per rivolgersi ai magistrati di secondo grado. Ritengono che la confisca non trovi fondamento nei contenuti di quanto già deciso, con sentenze di altri procedimenti che hanno toccato il professionista. Ad oggi, ha riportato condanne per due contestazioni, compresa un’indebita compensazione che ha ammesso. I legali Marco Martino, Maurizio Scicolone e Rocco Bruzzese stanno seguendo la procedura attivata per la misura di prevenzione, che ha toccato una parte consistente del patrimonio del professionista, compresa una vasta attività commerciale, nell’ennese, finita sotto confisca, con l’intervento degli agenti della Dia. “A Cascino – precisa il legale Martino – viene contestata una pericolosità sociale generica e non certamente mafiosa. Anche i riferimenti all’accusa di truffa non trovano riscontro nelle sentenze che lo hanno assolto. Riteniamo ci siano tutti gli estremi per l’appello, che presenteremo. Purtroppo, non sono state tenute in considerazione le pronunce già emesse nei suoi confronti, tutte di assoluzione, ad eccezione del caso di una contestazione per l’articolo 416 del codice penale e di una compensazione indebita, che è stata ammessa. Già i giudici di Brescia avevano spiegato, in sentenza, che c’era conformità tra i redditi e il patrimonio, compreso l’ammontare per una consulenza che veniva collegata ad una bancarotta preferenziale. Accusa anche questa caduta”. I legali e il professionista ritengono che il patrimonio e le attività connesse siano regolari, senza sproporzioni di nessun tipo. “Ci sono le perizie che abbiamo presentato – aggiunge il legale –  ribadisco ci sono le sentenze di altri giudici”.

Il provvedimento di confisca è stato eseguito dopo la pronuncia dei giudici nisseni e su disposizione della procura di Gela e tocca una riserva di caccia di 30 ettari, da un salone ristorante e da 7 residence costituiti da caseggiati prestigiosamente ristrutturati risalenti all’800, nonché 74 beni immobili (fabbricati e terreni), quote societarie in due società di Gela, autoveicoli e rapporti bancari. L’attività nell’ennese era già in amministrazione. Per gli inquirenti, sarebbero tutti beni da collegare ad attività illecite, anche nel settore professionale. Le difese invece agiranno in appello, chiedendo la revoca della confisca.

 

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